[PDF] TITOLO Il nome della rosa (The Name of the Rose) REGIA Jean





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L. Franchi Laffaire Eco

tori che hanno impersonato Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk nel film che Jean-. Jacques Annaud ha ricavato dal libro di Eco nel 1986.5 La trama del 



Quaderni ditalianistica : revue officielle de la Société canadienne

pagno di viaggio e assistente di Guglielmo troviamo Adso da. Melk il giovane novizio benedettino che trascrive gli eventi. Una.



Il nome della rosa

la terribile storia di Adso da Melk e tanto me ne lasciai assorbire che quasi di getto ne stesi una traduzione



Lissone mer. 8 lug. 2020

8 lug 2020 Adso da Melk che nella finzione letteraria scrive il racconto vero e proprio e che poi altro non è che la storia di quanto accaduto.





Lo scriptorium ne Il nome della rosa In questo laboratorio testuale

racconta la visita che frate Guglielmo e il novizio Adso da Melk compiono nello scriptorium dell'abbazia. Se confrontiamo i passi in cui.



IL NOME DELLA ROSA

Il nome della rosa è il primo romanzo scritto da Umberto Eco I protagonisti della vicenda sono Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk



Il nome della rosa: romanzo storico e denuncia delle ideologie

vane novizio Adso da Melk che racconta la storia in prima persona. Tuttavia



UMBERTO ECO

Il romanzo di stampo poliziesco



TITOLO Il nome della rosa (The Name of the Rose) REGIA Jean

Vi giunge Guglielmo Da Baskerville francescano ex inquisitore



Adso de Melk - Les XII Singes

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[PDF] 18230761pdf - Constellation

Finalement à notre époque une traduction française du manuscrit de Dom Adso de Melk tombe entre les mains d'un jeune écrivain féru du Moyen Age qui après s' 



[PDF] présenté à - Bibliothèque et Archives Canada

Finalement à notre époque une traduction française du manuscrit de Dom Adso de Melk tombe entre les mains d'un jeune écrivain féru du Moyen Age qui après s' 



le personnage de Salvatore dans Il Nome della rosa dUmberto Eco

12 oct 2020 · Mabillon et écrit par Adso de Melk S'inscrivant dans cette dynamique le lecteur est alors cinquième de liste à prendre connaissance des écrits 



Écritures ironiques - Le nom des choses - OpenEdition Books

Que le Seigneur [écrit Adso de Melk en commençant son livre] m'accorde la grâce d'être le témoin transparent des événements qui eurent lieu à l'abbaye 





[PDF] Itinéraires interprétatifs dans le Nom de la Rose - Livre Inde 2 indb

manuscrit d'Adso de Melk » Ici Eco réfute tout ce qu'il vient de dire mais en posant clairement la co-présence de l'auteur du roman (lui-même) et du 



Présentation - Le Nom de la rosefr

La plupart du temps je privilégie la version PDF du document que j'ai utilisé le Manuscrit de Dom Adso de Melk (manuscrit original latin) 



Sherlock Holmes au Moyen-Âge / Le nom de la rose - Érudit

Adso de Melk ressemble à celle qui existait entre Holmes et Watson la maïeutique en plus prononcé d'ail- leurs Le prénom de William n'est

:

TITOLO Il nome della rosa (The Name of the Rose)

REGIA Jean Jacques Annaud

INTERPRETI Sean Connery, Christian Slater, Volker Prechtel, Elya

Baskin, F. Murray Abraham, Feodor Chaliapin Jr.,

William Hockey, Michael Habeck, Helmut Qualtinger,

Ron Perlman, Michael Lonsdale, Valentina Vargas

GENERE Drammatico

DURATA 130 min. - Colore

PRODUZIONE Francia - Italia - Germania - 1986 - Nastri d'Argento

1987 per migliore scenografia, per migliore fotografia, per

migliori costumi - David di Donatello 1987 premio speciale a Jean Jacques Annaud, per migliore fotografia, per migliore scenografia, per migliori costumi, per migliore produzione Autunno 1327: tra stupende montagne innevate, nel nord Italia, sorge un maestoso monastero. Vi giunge Guglielmo Da Baskerville, francescano ex inquisitore, teologo affascinato dalla cultura e dalla filosofia: con lui c'è il novizio Adso da Melk, che segue il maestro dovunque egli vada. Nel monastero deve svolgersi un incontro tra francescani, domenicani e delegati papali: dovranno chiarire alcuni problemi di fede. Il perspicace Guglielmo però si rende conto che fra i monaci c'è tensione e paura: l'abate, dopo aver tentato di rassicurarlo che tutto procede bene, è costretto a riferirgli che un giovane monaco, ottimo miniatore, Adelmo da Otranto, è stato trovato morto ai piedi della torre del monastero: si teme qualche influenza demoniaca. Guglielmo inizia le sue ricerche per far luce sull'oscura vicenda, aiutato dal fido Adso. Ma ben presto si rende conto che alcuni monaci fanno di tutto per ostacolarlo nell'impresa o per dissuaderlo dal ricercare le cause degli eventi. Nel frattempo viene trovato un altro giovane monaco morto, Venanzio, traduttore dal greco, amico del defunto Adelmo. Guglielmo è sempre più attratto dal mistero di queste morti e si convince che la soluzione del giallo si trova nella natura sibillina di alcuni testi molto antichi. Ma la morte incalza "Si ergeva innanzi a me bella come la luna, chiara come un'alba e terribile come un'esercito pronto a dar battaglia!" Trasposizione cinematografica molto ben riuscita dall'omonimo celebre romanzo di Umberto Eco. Ottimo il cast, con uno Sean Connery di una bravura indescrivibile, e impareggiabile è la sceneggiatura che segue molto da vicino il romanzo.

Il regista riesce a

rendere alla perfezione l'atmosfera cupa e opprimente, pervasa da un alone di mistero, che

è presente nelle enormi

abbazie gotiche del medioevo. Anche se un film non riuscirà mai a pareggiare la bellezza del romanzo da cui è tratto si può tranquillamente affermare che questo film trasmette comunque un senso di mistero e di inquietudine e allo stesso tempo un messaggio nascosto che lo rendono un capolavoro. La sua grandezza infatti non sta solo nella trama intrigata o nelle ambientazioni spettacolari ma soprattutto nei messaggi contro l'ostinazione della chiesa a perseguire certi dogmi e convinzioni. In esso è descritta al contempo la grandiosità e la pazzia dell'intelletto umano, capace di creare quantità enormi di libri contenenti svariati campi del sapere però rendendoli inaccessibili al popolo. Messaggio di condanna contro la Santa Inquisizione, capace solamente di condannare e torturare persone innocenti senza risolvere realmente i problemi. È incredibile che un film così bello sia così poco noto al grande pubblico.

Critica:

Negli ultimi mesi ha avuto larghissima circolazione in tutto il mondo il film di Jean-

Jacques Annaud Il nome della

rosa, realizzato - come recitano i titoli di testa - "sul palinsesto del romanzo di Umberto Eco", che a sua volta - con oltre cinque milioni di copie diffuse in venticinque lingue - viene celebrato come il libro di autore italiano più venduto di tutti tempi.

Sarebbero sufficienti le

dimensioni del fenomeno a rendere opportuno un suo esame critico, a cui mi sembra utile premettere - per chi già non la conoscesse - un breve accenno alla trama. Nel novembre 1327 si incontrano, presso una imprecisata ma ricca abbazia benedettina dell'Italia Settentrionale, per una disputa sulla povertà di Cristo e della Chiesa, una delegazione francescana - di cui fa parte il protagonista, Guglielmo da Baskerville, che è accompagnato dal giovane novizio Adso da Melk - e una legazione pontificia guidata dall'inquisitore domenicano Bernardo Gui. Nell'abbazia sono rifugiati due ex eretici della setta estremista dei dolciniani, che conducono vita sregolata e di notte fanno entrare nel convento una ragazza del vicino villaggio, che finirà per sedurre il giovane

Adso. La vita dell'abbazia è

sconvolta da una serie di oscuri delitti su cui indagano, con metodi diversi, Guglielmo da Baskerville e Bernardo Gui. L'inquisitore identifica i responsabili nella ragazza, che scambia per una strega, e nei due ex dolciniani. Nel romanzo questi presunti colpevoli vengono condotti da Bernardo Gui verso Avignone, e di loro non si sa più nulla; il film mette invece in scena - presso l'abbazia stessa - la loro condanna e immediata esecuzione sul rogo, seguita da un'improbabile rivolta di contadini - in cui l'inquisitore trova la morte -, che riesce a salvare almeno la ragazza. Nel frattempo Guglielmo da Baskerville - in una notte di tregenda, in cui l'abbazia è distrutta da un incendio - scopre il vero assassino: è il vecchio monaco cieco Jorge, che ha ucciso per impedire che venisse alla luce il perduto libro secondo della Poetica di Aristotele, un'opera pericolosa per la Chiesa perché vi si esalta l'umorismo che "uccide la paura, e senza la paura non ci può essere la fede. Senza la paura del demonio non c'è più la necessità del timore di Dio" .

Il film, molto meno complesso del libro, si

concentra su due temi noti alla propaganda anticattolica di tutti i tempi: la corruzione dei monaci e gli orrori dell'Inquisizione.

Stanca ripetizione di temi noti: contro

monaci e inquisitori avevano tuonato la propaganda protestante e i libelli illuministi; contro inquisitori e monaci si scagliava la letteratura popolare ottocentesca di ispirazione massonica. I benedettini vengono dipinti con una galleria di volti deformati, sadici e volgari; i vizi più inconfessabili si danno convegno nell'abbazia mentre i pezzenti del villaggio si scannano per accaparrarsi gli avanzi gettati via dal monastero. Un quadro grottesco, non compatibile neppure con l'incipiente decadenza del monachesimo nel secolo XIV, e che si prende qualche libertà anche con il romanzo dove - se la ragazza rappresenta un caso isolato di miseria - il cantiniere Remigio ha cura di precisare che il villaggio non è povero - "una famiglia normale laggiù possiede anche cinquanta tavole di terreno" - e liberalmente beneficiato dall'abbazia. Ma il danno agli spettatori più semplici

è fatto: chi, uscito dalla proiezione

de Il nome della rosa, ricorderà più che proprio i benedettini hanno fatto la nostra Europa, trasmettendo tesori di cultura - ma anche di conoscenze tecniche e agricole - e costruendo nei secoli punti di riferimento per i poveri e per i sapienti? Sul tema dell'Inquisizione - che dilata in modo abnorme rispetto al romanzo - il film riapre vecchi armadi polverosi, pieni di arnesi dimenticati da qualche decennio: catene, ferri roventi, segrete, cortei notturni con torce ardenti. Ne nasce un quadro in cui nulla è vero. Bernardo Gui inquisitore ignorante e feroce: menzogna. Procuratore generale del suo ordine "per la sua vasta produzione, specialmente storica, la ricca e minuta informazione e lo studio dell'esattezza, il Gui è considerato uno dei più notevoli storici del primo Trecento, come pure il migliore storico domenicano del medioevo". Oggi gli specialisti hanno completato lo spoglio dei suoi processi inquisitoriali: su novecentotrenta imputati, dal 1308 al 1323, "se ne trovano soltanto 42 rimessi al braccio secolare", mentre altri sono condannati a pene minori, spesso di straordinaria mitezza, e centotrentanove assolti. Bernardo Gui impegnato nella caccia alle streghe: menzogna. Presso Bernardo e gli inquisitori suoi contemporanei "è sempre modestissimo il numero degli accusati per pratiche stregoniche", del resto di competenza dei vescovi e non degli inquisitori, a meno che la stregoneria si presentasse mescolata all'eresia.

Anche in epoche successive la caccia alle streghe

nascerà nei paesi protestanti, mentre la Chiesa cattolica si sforzerà piuttosto di controllare e di frenare una reazione nata dal popolo e gestita, non sempre con il necessario discernimento, dai tribunali laici dei principi. La tortura generalizzata e indiscriminatamente applicata: menzogna. L'Inquisizione del secolo XIV - a differenza dei tribunali laici del tempo - usa in casi rarissimi la tortura di cui - secondo un decreto del 1311 di Papa Clemente V - l'inquisitore non può, da solo, decidere di servirsi: deve sospendere il procedimento e instaurare "un giudizio speciale, al quale partecipi il vescovo o il suo rappresentante". L'inquisitore che decide in poche ore senza difesa né appello, e anzi enuncia il principio che "chiunque contesta il verdetto di un inquisitore è lui stesso un eretico": menzogna. È l'Inquisizione del secolo XIV che inventa la giuria, consilium che mette l'imputato nella condizione di essere giudicato da un collegio numeroso - spesso di trenta o anche di cinquanta giurati -, dove molti "diventano di conseguenza gli avvocati dell'accusato" ed è l'inquisitore che, davanti alla loro muta, si trova piuttosto in situazione di inferiorità". Del resto l'imputato ha diritto di difendersi e "può produrre testimoni a discarico"; "può anche ricusare i suoi giudici e, in caso di rifiuto di questa ricusazione, ottenerla mediante un appello a Roma". La sentenza eseguita subito dopo la condanna, i rei confessi - e perfino il demente Salvatore - bruciati, il rogo organizzato direttamente dal domenicano inquisitore: menzogna. Nel processo inquisitoriale - lungo e complesso - i rei confessi e pentiti possono essere condannati soltanto a pene minori; è il potere laico, il braccio secolare - e mai la Chiesa -, a occuparsi dell'esecuzione delle condanne. Il popolo, infine, che insorge e uccide Bernardo Gui: menzogna. Gli storici, anche i più ostili alla Chiesa, confermano invece la notevole popolarità dell'Inquisizione presso il popolo, che se ne vedeva protetto dalle vessazioni di eretici che - come i catari e i dolciniani - non di rado trascendevano in violenze e in stragi. Bernardo Gui morì tranquillamente nel suo letto, dopo essere stato nominato vescovo di Túy nel 1323 e poi di Lodève nel 1324. Massimo Introvigne, 'Cristianità' n. 142 (1987) "Dal libro più venduto e meno letto del mondo un drammone tetro e monotono, che ha perduto l'ironia di Umberto Eco conservandone solo la pesantezza. Disseminato di esseri mostruosi e deformi, di frequenti accoppiamenti fra campagnole e fratacchioni, di eretici bruciati in piazza, strizza l'occhio alla cassetta puntando apertamente sul giallo e lasciando (fortunatamente) perdere la filosofia".

Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 7 aprile 2001

(a cura di Enzo Piersigilli)quotesdbs_dbs41.pdfusesText_41
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