[PDF] BOLLETTINO DIOCESANO DI PADOVA





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La Santa Sede

13/11/2005 BEATIFICAZIONE DEI SERVI DI DIO: CHARLES DE FOUCAULD · MARIA PIA MASTENA · MARIA CROCIFISSA CURCIO. PAROLE DI SALUTO DI SUA SANTITÀ ...



V DOMENICA DI PASQUA FRANCESCO

15/05/2022 della Parola di Dio e la catechesi attraverso un uso abbondante ... Nato il 15 settembre 1858 a Strasburgo Charles de Foucauld.



Introduzione al Bollettino speciale.

15/05/2022 Mi riferisco al Beato Charles de Foucauld. Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un'identificazione con gli ...



SANTA BAKHITA VIA DI SANTITÀ CON I SUOI AMICI NEL

S. sette fondatori dei Servi di Maria B. Charles de Foucauld ... il primo e più visibile è la gratitudine per la misericordia di cui Dio l'ha avvolta.



Riscoprire le nostre radici cristiane

19/01/2020 Charles de Foucauld testimone del Vangelo ... Chiesa è nelle mani di Dio e non nella testa degli uomini e delle donne. Virgilio Frascino.



Novena di preghiera in memoria dei martiri dellAlgeria (1994-1996)

terra e lascia che il tempo di Dio compia la sua opera. delle Piccole Sorelle del Sacro Cuore (fondate da Charles de Foucauld). Dopo.



Giovani e lavoro la sfida del nostro tempo

La fede generosa di Charles de Foucauld dai docenti della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale ... Il lavoro stabile serve per.



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05/12/2017 32 CHARLES DE FOUCAULD ... preghiera



ALLEANZA IN GESÙ PER MARIA Il fondatore Antonio Amundarain

al continuo ascolto della Parola di Dio a discernere i secondo il messaggio di Charles de Foucauld. ... dei Servi di Maria



BOLLETTINO DIOCESANO DI PADOVA

22/11/2017 mortali dei Servi di Dio e dei Venerabili per facilitare ... Assistente spirituale della Fondazione Charles De Foucauld in Cittadella.

BOLLETTINO DIOCESANO DI PADOVA N° 3/2017 ANNO CII SETTEMBRE - OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2017 N. 3/2017 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (conv. In L.27/02/04 n. 46) art.1, comma 1, comma 1 DCB PD

200 BOLLETTINO DIOCESANO DI PADOVA Direttore: Vanzetto mons. dott. Tiziano, Cancelliere Vescovile Direttore responsabile: Sanavio don Marco Redazione: Curia Vescovile, via Dietro Duomo 15, cap 35139 Padova, tel. 049-8226111 - fax 049 8226150 Responsabile di redazione: Barin mons. Luciano, Vice Cancelliere Vescovile Realizzazione: Segreteria del Vescovo - Ufficio Stampa Diocesano Editore: Euganea Editoriale Comunicazioni srl, Padova Registrazione: Tribunale di Padova, 22 ottobre 1987, al n. 1035 del registro periodici

201 SOMMARIO SANTA SEDE 203 SANTO PADRE 205 DISCORSI, MESSAGGI E DOCUMENTI 207 CONGREGAZIONI PONTIFICIE 217 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 225 CHIESA DIOCESANA 237 ATTIVITÀ DEL VESCOVO 239 OMELIE E DISCORSI 241 NOMINE E ORDINAZIONI 251 DIARIO DEL VESCOVO 259 ORGANISMI DIOCESANI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE 267 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO 269 CONSIGLIO PASTORALE DIOCESANO 277 VICARI FORANEI 295 COORDINAMENTO DIOCESANO DI PASTORALE 307 CONSULTA DELLE AGGREGAZIONI LAICALI 317 ASSEMBLEA DIOCESANA 319 NECROLOGI 323 CHIESA TRIVENETA 339 CONFERENZA EPISCOPALE TRIVENETO 341

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203 SANTA SEDE SANTO PADRE 205 CONGREGAZIONI PONTIFICIE 217

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205 SANTO PADRE DISCORSI, MESSAGGI E DOCUMENTI 207

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207 DISCORSI, MESSAGGI E DOCUMENTI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI 19 novembre 2017- Basilica Vaticana Omelia Abbiamo la gioia di spezzare il pane della Parola, e tra poco di spezzare e ricevere il Pane eucaristico, nutrimenti per il cammino della vita. Ne abbiamo bisogno tutti, nessuno escluso, perché tutti siamo mendicanti dell'essenziale, dell'amore di Dio, che ci dà il senso della vita e una vita senza fine. Perciò anche oggi tendiamo la mano a Lui per ricevere i suoi doni. Proprio di doni parla la parabola del Vangelo. Ci dice che noi siamo destinatari dei talenti di Dio, "secondo l e capacità di ci ascuno» (Mt 25,15). Pri ma di tutto riconosci amo quest o: abbiamo dei talenti, siamo "talentuosi" agli occhi di Dio. Perciò nessuno può ritenersi inutile, nessuno può dirsi così povero da non poter donare qualcosa agli altri. Siamo eletti e benedetti da Dio, che desidera colmarci dei suoi doni, più di quanto un papà e una mamma desiderino dare ai loro figli. E Dio, ai cui occhi nessun figlio può essere scartato, affida a ciascuno una missione. Infatti, da Padre amorevole ed esige nte qual è, ci responsabilizza. Vediamo che, nella parabola, a ogni servo vengono da ti dei talent i da moltipl icare. Ma, mentre i prim i due realizzano la missione, il terzo servo non fa fruttare i talenti; restituisce solo quello che aveva ricevuto: "Ho avuto paura - dice - e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» (v. 25). Questo servo riceve in cambio parole dure: "malvagio e pigro» (v. 26). Che cosa non è piaciuto al Signore di lui? In una parola, forse andata un po' in disuso eppure molto attuale, direi: l'omissione. Il suo male è stato quello di non fare il bene. Anche noi spesso siamo dell'ide a di non aver fatto nul la di male e per questo ci acconte ntia mo, presumendo di essere buoni e giust i. Così, però, rischiamo di c omportarci come il servo malvagio: anche lui non ha fatto nulla di male, non ha rovinato il talento, anzi l'ha ben conservato sotto terra. Ma non fare nulla di male non basta. Perché Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati, è un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni e i suoi progetti (cfr v. 14). Ed è triste quando il Padre dell'amore non riceve una risposta generosa di amore dai figli, che si limitano a rispettare le regole, ad adempiere i comandamenti, come salariati nella casa del Padre (cfr Lc 15,17). Il servo malvagio, nonostante il tal ento ricevuto dal Signore, che ama condivide re e moltiplicare i doni, l'ha custodito gelosamente, si è accontentato di preservarlo. Ma non è fedele a Dio chi si preoccupa solo di conservare, di mantenere i tesori del passato. Invece, dice la parabola, colui che aggiunge talenti nuovi è veramente "fedele» (vv. 21.23), perché ha la stessa mentalità di Dio e non sta immobile: rischia per amore, mette in gioco la vita per gli

208 altri, non accetta di lasciare tutto com'è. Solo una cosa tralascia: il proprio utile. Questa è l'unica omissione giusta. L'omissione è anche il grande peccato nei confronti dei poveri. Qui assume un nome preciso: indifferenza. È dire: "Non mi riguarda, non è affar mio, è colpa della società". È girarsi dall'altra parte quando il fratello è nel bisogno, è cambiare canale appena una questione seria ci infastidisce, è anche sdegnarsi di fronte al male senza far nulla. Dio, però, non ci chiederà se avremo avuto giusto sdegno, ma se avremo fatto del bene. Come, concretamente, possiamo allora piacere a Dio? Quando si vuole far piacere a una persona cara, ad esempio facendole un regalo, bisogna prima conoscerne i gusti, per evitare che il dono sia più gradito a chi lo fa che a chi lo riceve. Quando vogliamo offrire qualcosa al Signore, troviamo i suoi gusti nel Vangelo. Subito dopo il brano che abbiamo ascoltato oggi, Egli dice: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Q uest i fratelli più piccoli , da Lui prediletti, sono l'affamato e l'ammalato, il forestiero e il carcerato, il povero e l'abbandonato, il sofferente senza aiuto e il bisognoso scartato. S ui loro volti possiamo immagina re impresso i l suo vol to; sulle loro labbra, anche se chiuse dal dolore, le sue parole: "Questo è il mio corpo» (Mt 26,26). Nel povero Gesù bussa al nostro cuore e, assetato, ci domanda am ore. Quando vinci amo l'indifferenza e nel nome di Gesù ci spendiamo per i suoi fratelli più piccoli, siamo suoi amici buoni e fedeli, con cui Egli ama intrattenersi. Dio lo apprezza tanto, apprezza l'atteggiamento che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, quello della "donna forte» che "apre le sue palme al misero, stende la mano al povero» (Pr 31,10.20). Questa è la vera fortezza: non pugni chiusi e braccia conserte, ma mani operose e tese verso i poveri, verso la carne ferita del Signore. Lì, nei poveri, si manifesta la presenza di Gesù, che da ricco si è fatto povero (cfr 2 Cor 8,9). Per questo in loro, nella loro debolezza, c'è una "forza salvifica". E se agli occhi del mondo hanno poco valore, sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro "passaporto per il paradiso". Per noi è dovere evangelico prende rci cura di loro, che s ono la nostra ve ra ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali. E ci farà bene: accostare chi è più povero di noi toccherà la nostra vita. Ci ricorderà quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo. Solo questo dura per sempre, tutto il resto passa; perciò quel che investiamo in amore rimane, il resto svanisce. Oggi possiamo chiederci: "Che cosa conta per me nella vita, dove investo?" Nella ricchezza che passa, di cui il mondo non è mai sazio, o nella ricchezza di Dio, che dà la vita eterna? Questa scelta è davanti a noi: vivere per avere in terra oppure dare per guadagnare il cielo. Perché per il cielo non vale ciò che si ha, ma ciò che si dà, e "chi accumula tesori per sé non si arricchisce presso Dio» (Lc 12,21). Non cerchiamo allora il superfluo per noi, ma il bene per gli altri, e nulla di prezioso ci mancherà. Il Signore, che ha compassione delle nostre povertà e ci riveste dei suoi talenti, ci doni la sapienza di cercare ciò che conta e il coraggio di amare, non a parole ma coi fatti.

209 PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI DELLA CURIA ROMANA 21 dicembre 2017- Sala Clementina Roma Discorso Cari fratelli e sorelle, Il Natale è la festa della fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo per ridonare all'uomo la sua dignità filiale, perduta a causa del peccato e della disobbedienza. Il Natale è la festa della fede nei cuori che si trasformano in mangiatoia per ricevere Lui, nelle anime che permettono a Dio di far germogliare dal tronco della loro povertà il virgulto di speranza, di carità e di fede. Quella di oggi è una nuova occasione per scambiarci gli auguri natalizi e auspicare per tutti voi, per i vostri collaboratori, per i Rappresentanti pontifici, per tutte le persone che prestano servizio nella Curia e per tutti i vostri cari un santo e gioioso Natale e un felice Anno Nuovo. Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere l'essenziale, il vero, il buono e l'autentico. Tanti auguri davvero! Cari fratelli, avendo parlato in precedenza della Curia romana ad intra, desidero quest'anno condividere con voi alcune riflessioni sulla realtà della Curia ad extra, ossia il rapporto della Curia con le Nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese Orientali, con il dialogo ecumenico, con l'ebraismo, con l'Islam e le altre religioni, cioè con il mondo esterno. Le mie riflessioni si basano certamente sui principi basilari e canonici della Curia, sulla stessa storia della Curia, ma anche sulla visione personale che ho cercato di condividere con voi nei discorsi degli ultimi anni, nel contesto dell'attuale riforma in corso. E parlando della riforma mi viene in mente l'espressione simpatica e significativa di Mons. Frédéric-François-Xavier De Mérode: "F are le riform e a Roma è come pul ire la Sfinge d'Egitto con uno spazzoli no da denti »[1]. Ciò evidenz ia quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano per raggiungere tale obbiett ivo, in quanto la Curia è un'ist ituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali e che, strutturalmente e da sempre, è legata alla funzione primaziale del Vescovo di Roma nella Chiesa, ossia all'ufficio "sacro" voluto dallo stesso Cristo Signore per il bene dell'intero corpo della Chiesa, (ad bonum totius corporis)[2]. L'universalità del servizio della Curia, dunque, proviene e scaturisce dalla cattolicità de l Ministero petrino. Una Curia chiusa in sé stessa tradirebbe l'obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell'autoreferenzialità, condannandosi all'autodistruzione. La Curia, ex natura, è progettata ad extra in quanto e finché legata al Ministero petrino, al servizio della Parola e dell'annuncio della Buona Novella: il Dio Emmanuele, che nasce tra gli uomini, che si fa uomo per mostrare a ogni uomo la sua vicinanza viscerale, il suo amore senza limiti e il suo desiderio divino che tutti gli uomini siano salvi e arrivino a godere della beatitudine celeste (cfr 1 Tm 2,4); il Dio che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi (cfr Mt 5,45); il Dio che non è venuto per essere servito ma per servire (cfr Mt 20,28); il Dio che ha costituito la Chiesa per essere nel mondo, ma non del mondo, e per essere strumento di salvezza e di servizio. Proprio pensando a questa finalità ministeriale, petrina e curiale, ossia di servizio, salutando di recente i Padri e Capi delle Chiese Orientali Cattoliche[3], ho fatto ricorso all'espressione di un "primato diaconale", rimandando subito all'immagine diletta di San Gregorio Magno del Servus servorum Dei. Questa definizione, nella sua dimensione cristologica, è anzitutto espressione della ferma volontà di imitare Cristo, il quale assunse la forma di servo (cfr Fil 2,7‎). Benedetto XVI, quando ne parlò, disse che sulle labbra di Gregorio questa frase non era

210 "una pia formula, ma la vera manifestazione del suo modo di vivere e di agire. Egli era intimamente colpito dall'umiltà di Dio, che in Cristo si è fatto nostro servo, ci ha lavato e ci lava i piedi sporchi»[4]. Analogo atteggiamento diaconale deve caratterizzare anche quanti, a vario titolo, operano nell'ambito della Curia romana la quale, come ricorda anche il Codice di Diritto Canonico, agendo nel nome e con l'autorità del Sommo Pontefice, "adempie alla propria funzione per il bene e al servizio delle Chiese» (can. 360; cfr CCEO can. 46). Primato diaconale "relativo al Papa"[5]; e altrettanto diaconale, di conseguenza, è il lavoro che si svolge all'interno della Curia romana ad intra e all'esterno ad extra. Questo tema della diaconia ministeri ale e curiale mi riporta a un a ntico testo pres ente nel la Didascalia Apostolorum, dove si afferma: il "diacono sia l'orecchio e la bocca del Vescovo, il suo cuore e la sua anima»[6], poiché a questa concordia è legata la comunione, l'armonia e la pace nella Chiesa, in quanto il diacono è il custode del servizio nella Chiesa[7]. Non credo sia per caso che l'orecchio è l'organo del l'udito ma anche dell'equil ibrio; e la bocca l'organo dell'assaporare e del parlare. Un alt ro antico testo a ggiunge che i diaconi s ono chiamati a esse re come gli occ hi del Vescovo[8]. L'occhio guarda per trasmettere le immagini alla mente, aiutandola a prendere le decisioni e a dirigere per il bene di tutto il corpo. La relazione che da queste immagini si può dedurre è quell a di comunione di fil iale obbedienza per il servizio al popolo santo di Dio. Non c'è dubbio, poi, che tale dev'essere anche quella che esiste tra tutti quanti operano nella Curia romana, dai Capi Dicastero e Superiori agli ufficiali e a tutti. La comunione con Pietro rafforza e rinvigorisce la comunione tra tutti i membri. Da questo punto di vista, il richiamo ai sensi dell'organismo umano aiuta ad avere il senso dell'estroversione, dell'attenzione a quello che c 'è fuori. Nell'organismo uma no, infatti, i sensi sono il nostro primo legame con il mondo ad extra, sono come un ponte verso di esso; sono la nostra possibilità di relazionarci. I sensi ci aiutano a cogliere il reale e ugualmente a collocarci nel reale. Non a caso Sant'Ignazi o di Loyola ha fatto ricorso ai sens i nella contemplazione dei Misteri di Cristo e della verità[9]. Questo è molto importante per superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano - nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenz ioni - un c ancro che porta all'autore ferenziali tà, che si infiltra a nche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano. Quando questo avviene, però, si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generosità della nostra consacrazione (cfr At 20,35 e 2 Cor 9,7). Permettetemi qui di spendere due parole su un altro pericolo, ossia quello dei traditori di fiducia o degli approfitta tori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggi or vigore al c orpo e alla riforma, ma - non comprendendo l'elevatezza della loro responsabilità - si lasciano corrompere dall'ambizione o dal la vanagloria e, quando vengono delicatamente allonta nate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistem a, del "Papa non informato", della "vecchia gua rdia"..., invece di recitare il "mea culpa". Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino ne lla pazienz a della Chiesa un'opportuni tà per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande maggioranza di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità. È opportuno, al lora, tornando all'immagine del c orpo, evidenziare che questi "sensi istituzionali", cui pot remmo in qualc he modo paragonare i Dic asteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità: nel nome e con

211 l'autorità del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese[10]. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi. Antenne emittenti in quanto abil itate a t rasmettere fedelmente la volontà de l Papa e dei Superiori. La parola "f edeltà"[11] pe r quanti ope rano presso la Sant a Sede "a ssume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola "fedeltà"»[12]. L'immagine dell'antenna rimanda al tresì all'altro movim ento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione»[13]. Con tale recettività, che è più importante dell'aspetto precettivo, i Dicasteri della Curia romana entrano generosamente in quel processo di ascolto e di sinodalità di cui ho già parlato[14]. Cari fratelli e sorelle, ho fa tto ricorso all'espress ione "primato diaconale", all'i mmagine del corpo, dei sensi e dell'antenna per spiegare che proprio per raggiungere gl i spazi dove lo Spirito pa rla alle Chiese (cioè la stori a) e per realiz zare lo scopo dell'operare (la salus animarum) ris ulta necessario, anzi indispensabile, pra ticare il disc ernimento de i segni dei tempi[15], la comunione nel servizio, la carità nella verità, la docilità allo Spirito e l'obbedienza fiduciosa ai Superiori. Forse è utile qui ricordare che gli stessi nomi dei diversi Dicasteri e degli Uffici della Curia romana lasciano intendere quali siano le realtà a favore delle quali debbono operare. Si tratta, a ben vedere, di azioni fondamentali e importanti per tutta la Chiesa e direi per il mondo intero. Essendo l'operato della Curia davvero molto ampio, mi limiterei quest a volta a parlarvi genericamente della Curia ad extra, cioè di alcuni aspetti fondamentali, selezionati, a partire dai quali non s arà difficile , nel prossimo futuro, ele ncare e approfondire gli altri campi dell'operato della Curia. La Curia e il rapporto con le Nazioni In questo campo gioca un ruolo fondamentale la Diplomazia Vaticana, che è la ricerca sincera e costante di rendere la Santa Sede un costruttore di ponti, di pace e di dialogo tra le Nazioni. Ed essendo una Diplomazia al servizio dell'umanità e dell'uomo, della mano tesa e della porta aperta, essa si im pegna nell'ascoltare, nel comprendere, nell'aiutare, nel sollevare e nell'intervenire prontamente e rispettosament e in qualsiasi situazione per avvici nare le distanze e per intessere la fiducia. L'unico interesse della Diplomazia Vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale. La Santa Sede quindi è presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le Nazioni di buona volontà e per ribadire sempre l 'importanza di cust odire la nostra casa comune da ogni egoism o distrut tivo; per affermare c he le guerre portano sol o morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni. Gli incontri con i Capi delle Nazioni e con l e divers e Delegazioni, insieme ai Viaggi Apostolici, ne sono il mezzo e l'obbiettivo. Ecco perché è stata costituita la Terza Sezione della Segreteria di Stato, con la finalità di dimostrare l'attenzione e la vicinanza del Papa e dei Superiori della Segreteria di Stato al personale di ruolo diplomatico e anche ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche che prestano lavoro nelle Rappresentanze Pontificie. Una Sezione che si occupa delle questioni attinenti alle persone che lavora no nel servizio diplomat ico della Sant a Sede o che vi si

212 preparano, in stretta collaborazione con la Sezione per gli Affari Generali e con la Sezione per i Rapporti con gli Stati[16]. Questa particolare att enzione si basa sulla duplice di mensione del servizio del personale diplomatico di ruolo: pastori e diplomatici, al servizio delle Chiese particolari e delle Nazioni ove operano. La Curia e le Chiese particolari Il rapporto che lega la Curia alle Diocesi e alle Eparchie è di primaria importanza. Esse trovano nella Curia Romana il sostegno e il supporto necessario di cui possono avere bisogno. È un rapport o che si basa s ulla colla borazione, sulla fiducia e mai sulla superiorità o sull'avversità. La fonte di questo rapporto è nel Decreto conciliare sul ministero pastorale dei Vescovi, dove più ampiame nte si spiega che quello della Curia è un lavoro svolto "a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori»[17]. La Curia romana, dunque, ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma, da cui attinge autorità, ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel mondo intero, per il cui bene opera e agisce. A questa caratteristica di "servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale, alle Chiese particolari» e al mondo intero, ho fatto richiamo nel primo di questi nostri annuali incontri, quando sottolineai che "nella Curia romana si apprende, "si respira" in modo speciale questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione tra l'universale e il particolare»; e aggiunsi: "penso che sia una delle esperienze più belle di chi vive e lavora a Roma»[18]. Le visite ad limina Apostolorum, in questo senso, rappresentano una grande opportunità di incontro, di dialogo e reciproco a rricchimento. Ecc o perché ho preferito, incontrando i Vescovi, avere un dialogo di re ciproco ascolto, l ibero, riservato, sincero che va ol tre gli schemi protocollari e l'abituale scambio di discorsi e di raccomandazioni. È importante anche il dialogo tra i Vescovi e i diversi Dicasteri. Quest'anno, riprendendo le visite ad limina, dopo l'anno del Giubileo, i Vescovi mi hanno confidato che sono stati ben accolti e ascoltati da tutti i Dicasteri. Questo mi rallegra tanto, e ringrazio i Capi Dicastero qui presenti. Permettetemi anche qui, in questo particolare momento della vita della Chiesa, di richiamare la nostra attenzione alla prossima XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata sul tema "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale". Chiamare la Curia, i Vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione alle persone dei giovani, non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale... Lo annuncia chiaramente il Documento preparatorio nella sua introduzione: "La Chiesa ha de ciso di interrogarsi s u come a ccompagnare i giovani a riconosce re e accogliere la chiamata all'amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare l e modali tà oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele (cfr 1 Sam 3,1-21) e Geremia (cfr Ger 1,4-10), anche oggi ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere»[19]. La Curia e le Chiese Orientali L'unità e la comunione che dominano il rapporto della Chiesa di Roma e le Chiese Orientali rappresentano un concreto esempio di ricchezza nella diversità per tutta la Chiesa. Esse, nella fedeltà alle proprie Tradizioni bimillenarie e nella ecclesiastica communio, sperimentano e realizzano la preghiera sacerdotale di Cristo (cfr Gv 17)[20]. In questo senso, nell'ultimo incontro con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali, parlando del "primato diaconale", ho evide nzia to anche l'importanza di approfondire e di revisionare la delicata questione dell'elezione dei nuovi Vescovi ed Eparchi che deve corris pondere, da una pa rte, all'autonomia delle Chiese Orientali e, all o stesso

213 tempo, allo spirit o di responsabilit à evangelica e al desideri o di rafforzare sempre di più l'unità con la Chiesa Cattolica. "Il tutto, nella più convinta applicazione di quella autentica prassi sinodale, che è distintiva delle Chiese d'Oriente»[21]. L'elezione di ogni Vescovo deve rispecchiare e rafforzare l'unità e la comunione tra il Successore di Pietro e tutto il collegio episcopale[22]. Il rapporto tra Roma e l'Oriente è di reciproco arricchimento spirituale e liturgico. In realtà, la Chiesa di Roma non sarebbe davvero cattolica senza le inestimabili ricchezze delle Chiese Orientali e senza la testi monianza eroica di tanti nost ri fratell i e sorelle orientali che purificano la Chiesa accettando il martirio e offrendo la loro vita per non negare Cristo[23]. La Curia e il dialogo ecumenico Ci sono pure degli spazi nei quali la Chiesa Cattolica, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è particolarmente impegnata. Fra questi l'unità dei cristiani che "è un'esigenza essenziale della nostra fede, un'es igenza che sgorga dall'intimo del nostro essere credenti i n Gesù Cristo»[24]. Si tratta sì di un "cammino" ma, come più volte è stato ripetuto anche dai miei Predecessori, è un cammino irreversibile e non in retromarcia. "L'unità si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo insieme, cioè ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme nell'annuncio del Vangelo e nel servizio agli ultimi siamo già uniti. Tutte le divergenze teologiche ed ecclesiologiche che ancora dividono i cristiani saranno superate soltanto lungo questa via, senza che noi oggi sappiamo come e quando, ma ciò avverrà secondo quello che lo Spirito Santo vorrà suggerire per il bene della Chiesa»[25]. La Curia opera in questo campo per favorire l'incontro con il fratello, per sciogliere i nodi delle incomprensioni e delle ostilità, e per contrastare i pregiudizi e la paura dell'altro che hanno impedito di vedere la ricchezza della e nella diversità e la profondità del Mistero di Cristo e della Chiesa che resta sempre più grande di qualsiasi espressione umana. Gli incontri avvenuti con i Papi, i Patriarchi e i Capi delle diverse Chiese e Comunità mi hanno sempre riempito di gioia e di gratitudine. La Curia e l'Ebraismo, l'Islam, le altre religioni Il rapporto della Curia Romana con le altre religioni si basa sull'insegnamento del Concilio Vaticano II e sulla necessità del dialogo. "Perché l'unica alternativa alla civiltà dell'incontro è l'inciviltà dello scontro»[26]. Il dialogo è costruito su tre orientame nti fondamentali: "il dovere dell'ident ità, il coraggio dell'alterità e la si ncerità del le intenzioni. Il dove re dell'identità, perché non si può imbastire un dialogo vero sull'ambiguità o sul sacrificare il bene per compia cere l 'altro; il coraggio dell'alterità, pe rché chi è differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada, nella genuina convinzione che il bene di ciascuno risiede nel bene di tutti; la sincerità de lle intenz ioni, perché il dialogo, in quanto espres sione autentica dell'umano, non è una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di verità, che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazione»[27]. Gli incontri avvenuti con le autorità religiose, nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova. Questi sono soltanto alcuni aspetti, importanti ma non esaurenti, dell'operato della Curia ad extra. Oggi ho scelto que st i aspetti, legati al tema del "primato diaconale", dei " sensi istituzionali" e delle "fedeli antenne emittenti e riceventi". Cari fratelli e sorelle, come ho iniziato questo nostro incontro parlando del Natale come festa della fede, vorrei concluderlo evidenziando che il Natale ci ricorda però che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta. In realtà, una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l'anima, lo spirito e tutto il nostro

214 essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili. Angelo Silesio, nel suo Il Pellegrino cherubico, scrisse: "Dipende solo da te: Ah, potesse il tuo cuore diventare una mangiatoia! Dio nascerebbe bambino di nuovo sulla terra»[28]. Con queste riflessioni rinnovo i miei più fervidi auguri natalizi a voi e a tutti i vostri cari. Grazie! Vorrei, come dono di Natale, lasciarvi questa versione italiana dell'opera del Beato Padre Maria Eugenio di Gesù Bambino Je veux voir Dieu: Voglio vedere Dio. È un'opera di teologia spirituale, farà bene a tutti noi. Forse non leggendola tutta, ma cercando nell'indice quel punto che più interessa o del quale ho più bisogno. Spero che sia di profitto per tutti noi. E poi è stato tanto generoso il Cardinale Piacenza che, con il lavoro della Penitenzieria, anche di Mons. Nykiel, ha fatto questo libro: La festa del perdono, come risultato del Giubileo della Misericordia; e lui ha voluto pure regalarlo. Grazie al Cardinale Piacenza e alla Penitenzieria Apostolica. Daranno questo all'uscita a tutti voi. Grazie! [Benedizione] E, per favore, pregate per me. [1] Cfr Giuseppe Dalla Torre, Sopra una storia della Gendarmeria Pontificia, 19 ottobre 2017. [2] "Per pascere e accrescere sempre più il popolo di Dio ha istituito nella sua Chiesa vari ministeri che tendono al bene di tutto il corpo» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18). [3] Cfr Saluto ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori, 9 ottobre 2017. [4] Catechesi nell'Udienza generale del 4 giugno 2008. [5] Cfr Giovanni Paolo II, Discorso alla riunione plenaria del Sacro Collegio dei Cardinali, 21 novembre 1985, 4. [6] 2, 44: Funk, 138-166; cfr W. Rordorf, Liturgie et eschatologie, in Augustinianum 18 (1978), 153 -161; Id., Que savons-nous des l ieux de cult e chrétiens de l'é poque préconstantinienne? in L'Orient Syrien 9 (1964), 39-60. [7] Cfr Incontro con i sacerdoti e i consacrati, Duomo di Milano, 25 marzo 2017. [8] "Quanto ai diaconi della Chiesa, siano come gli occhi del vescovo, che sanno vedere tutto attorno, investigando le azioni di ciascuno della Chiesa, nel caso che qualcuno stia sul punto di peccare: in questo modo, prevenuto dall'avvertimento di chi presiede, forse non porterà a termine il [suoi peccato]» (Lettera di Clemente a Giacomo, 12: Rehm 14-15, in I Ministeri nella Chiesa Antica, Testi patristici dei primi tre secoli a cura di Enrico Cattaneo, Edizioni Paoline, 1997, p. 696). [9] Cfr Esercizi Spirituali, N. 121: "La quinta contemplazione sarà applicare i cinque sensi sulla prima e la seconda contemplazione». [10] Ne l commento al V angelo secondo Matteo di S an Girolamo s i registra un curioso paragone tra i cinque sensi dell'organismo umano e le vergini della parabola evangelica, che diventano stolte quando non agiscono più secondo il fine loro assegnato (cfr Comm. in Mt XXV: PL 26, 184). [11] Il concetto della fedeltà risulta molto impegnativo ed eloquente perché sottolinea anche la durata nel tempo dell'impegno assunto, rimanda ad una virtù che, come disse Benedetto XVI, "e sprime il legame tutto part icolare che si stabilisce tra i l Papa e i suoi diretti

215 collaboratori, tanto nella Curia Romana come nelle Rappresentanze Pontificie". Discorso alla Comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 11 giugno 2012. [12] Ibid. [13] Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 18. [14] "Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare "è più che sentire". È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo "Spirito della verità" (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli "dice alle Chiese" (Ap 2,7)» Discorso nel 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015. [15] Cfr Lc 12,54-59; Mt 16,1-4; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 11: "Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazi one inte grale dell'uomo, orientando così lo spiri to verso soluzioni pienamente umane». [16] Cfr. Lettera Pontificia, il 18 ottobre 2017; Comunicato della Segreteria di Stato, il 21 novembre 2017. [17] Christus Dominus, 9. [18] Discorso a lla Curia romana, 21 di cem bre 2013; cfr Paolo VI, Omelia per l'80° compleanno, 16 ottobre 1977: "Si, Roma ho amato, nel continuo assillo di meditarne e di comprenderne il trascendente segreto, inca pace certamente di penetrarlo e di vi verlo, ma appassionato sempre, come ancora lo sono, di scoprire come e perché "Cristo è Romano" (cfr Dante, Div. Comm., Purg., XX XII, 102) [...] la vostra "cos cie nza romana" a bbia essa all'origine la nativa cittadinanza di questa Urbe fatidica, ovvero la permanenza di domicilio o l'ospitalità ivi goduta; "coscienza romana" che qui essa ha virtù d'infondere a chi sappia respirarne il senso d'universale umanesimo» (Insegnamenti di Paolo VI, XV 1977, 1957). [19] Si nodo dei Vescovi - As semblea Generale Ordinaria XV, I giov ani, la fede e i l discernimento vocazionale, Introduzione. [20] Da una parte, l'uni tà che risponde al dono dell o Spirito, trova naturale e piena espressione nell'"unione indefettibile con il Vescovo di Roma» (Benedetto XVI, Esort. ap. post-sin. Ecclesia in Medio Oriente, 40). E dall'altra parte, l'essere inseriti nella comunione dell'intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli di dover rafforzare l'unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, "privilegiando sempre la concertazione su questioni di grande importanza per la Chiesa in vista di un'azione collegiale e unitaria» (ibid.). [21] Parole ai Patriarchi delle Chiese Orientali e agli Arcivescovi Maggiori, 21 novembre 2013. [22] Insieme ai Capi e Padri, agli Arcivescovi e ai Vescovi orientali, in comunione con il Papa, con la Curia e tra di loro, siamo tutti chiamati "a ricercare sempre "la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza e la mitezza" (cfr 1 Tm 6,11); [ad adottare] uno stile di vita sobrio a immagine di Cristo, che si è spogliato per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9) [...] [alla] trasparenza nella gestione dei beni e sollecitudine verso ogni debolezza ‎e necessità» (Parole ai Patriarchi delle Chi ese Orientali cattoliche e agli Arcive scovi Maggiori, 21 novembre 2013). [23] Noi "vediamo tanti nostri fratelli e sorelle cristiani delle Chiese orientali sperimentare persecuzioni drammatiche e una diaspora sempre più inquietante» (Omelia in occasione del centenario della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Istituto Orientale), Basilica di Santa Maria Maggiore , 12 ottobre 2017). "Su queste situaz ioni nessuno può chiudere gli occhi» (Messaggio nel centenario di fondazione del Pontificio Istituto Orientale, 12 ottobre 2017).

217 CONGREGAZIONI PONTIFICIE CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI ISTRUZIONE SU "LE RELIQUIE NELLA CHIESA: AUTENTICITÀ E CONSERVAZIONE"* Roma, 16 dicembre 2017 INTRODUZIONE Le reliquie nella Chiesa hanno sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione perché il corpo dei Beati e dei Santi, destinato alla risurrezione, è stato sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la beatificazione e la canonizzazione. [1] Le reliquie dei Beati e dei Santi non possono essere esposte alla venerazione dei fedeli senza un apposito certificato dell'autorità ecclesiastica che ne garantisca l'autenticità. Tradizionalmente vengono considerate reliquie insigni il corpo dei Beati e dei Santi o le parti notevoli dei corpi stessi oppure l'intero volume delle ceneri derivanti dalla loro cremazione. A queste reliquie i vescovi diocesani, gli eparchi, quanti a essi sono equiparati dal diritto, e la Congregazione delle Cause dei Santi riservano una speciale cura e vigilanza per assicurarne la conservazione e la venerazione e per evitarne gli abusi. Vanno, pertanto, custodite in apposite urne sigillate e collocate in luoghi che ne garantiscano la sicurezza, ne rispettino la sacralità e ne favoriscano il culto. Sono considerate reliquie non insigni piccoli frammenti del corpo dei Beati e dei Santi o anche oggetti che sono stati a contat to diretto con le loro persone. Debbono essere possibilmente custodite in teche sigillate. Vanno comunque conservate e onorate con spirito religioso, evitando ogni forma di superstizione e di mercimonio. Analoga disciplina viene applicata anche ai resti mortali (exuviae) dei Servi di Dio e dei Venerabili, le cui Cause di beatificazione e canonizzazione sono in corso. Finché non sono elevati agli onori degli altari tramite la beatificazione o la canonizzazione, i loro resti mortali non possono godere di alcun culto pubblico, né di quei privilegi che sono riservati soltanto al corpo di chi è stato beatificato o canonizzato. La presente Istruzione s ostituisce l'Appendice del l'Istruzione Sanctorum Mater [2] e si rivolge ai vescovi diocesani, agli eparchi e a quanti a essi sono equiparati dal diritto, nonché a coloro che partecipano alle procedure riguardanti le reliquie dei Beati e dei Santi e i resti mortali dei Servi di Dio e dei Venerabili, per facilitare l'applicazione di quanto richiesto in una materia così particolare. In ques ta Istruzione vi ene presentata l a procedura canonica da seguire per veri ficare l'autenticità delle reliquie e dei resti mortali, per garantire l a loro conservazione e per promuovere la venerazione delle re liquie tramite le possibili specifiche operazioni: ricognizione canonica, prelievo di frammenti e confezione di reliquie, traslazione dell'urna e alienazione delle reliquie. Si espone, inoltre, quanto è necessario per ottenere il consenso della Congregazione delle Cause dei Santi per effettuare tali operazioni e la procedura da seguire per il pellegrinaggio delle reliquie.

218 PARTE I Richiesta del consenso della Congregazione delle Cause dei Santi Articolo 1 Competente a effettuare tutte le eventuali operazioni sulle reliquie o sui resti mortali è il vescovo della dioce si o dell'eparchia, dove sono custoditi, previo il cons ens o della Congregazione delle Cause dei Santi. Articolo 2 § 1. P rima di intraprendere qualsi asi opera zione sulle reliquie o sui rest i mortali s i deve osservare tutto ciò che è prescritto dalla legge civile locale e ottenere, in conformità a tale legge, il consenso dell'erede. § 2. Prima della beatificazione di un Venerabile Servo di Dio, l'erede sia invitato dal vescovo competente a donare i resti mortali alla Chies a trami te uno strumento giuridic amente riconosciuto dalle autorità civi li ed ecclesias tiche, affinché si poss a salvaguardarne la conservazione. Articolo 3 § 1. Il ves covo compet ente invii al prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi l'istanza con la quale chiede il consenso del Dicastero per le operazioni che intende svolgere. § 2. Nella stessa istanza il vescovo specifichi il luogo esatto dove sono custoditi le reliquie o i resti mortali (città, nome della chiesa, cappella, cimitero pubblico o privato, ecc.) e l'avvenuto adempimento della prescrizione, di cui all'art. 2 § 1 della presente Istruzione. Articolo 4 § 1. Se il vescovo intende effettuare la traslazione (ossia il trasferimento permanente) entro i confini della stessa diocesi o eparchia, specifichi alla Congregazione il luogo della nuova collocazione delle reliquie o dei resti mortali (città, nome della chiesa, cappella, cimitero pubblico o privato, ecc.), accludendone il progetto. § 2. Nel caso di traslazione in altra diocesi o eparchia, il vescovo invii alla Congregazione, insieme al progetto della nuova collocazione delle reliquie o dei resti mortali (città, nome della chiesa, cappella, cimitero pubblico o privato, ecc.), il consenso scritto del vescovo che li accoglierà. Articolo 5 § 1. Se le reliquie o i resti mortali dovessero essere alienati (ossia trasferiti permanentemente di proprietà ) entro i confini dell a medesima diocesi o eparchia, il vesc ovo competente, insieme all'istanza di cui all'art. 3 § 1 della presente Istruzione, invii alla Congregazione copia del consenso scritto dell'alienatore e del futuro proprietario. § 2. Qualora le reliquie o i resti mortali dovessero essere alienati a un'altra diocesi o eparchia, il vescovo competente, insieme all'istanza di cui all'art. 3 § 1 della presente Istruzione, invii alla Congregazione copia del consenso scritto del vescovo che li ac coglierà, il consenso scritto dell'alienatore e del futuro proprietario, nonché il progetto della nuova collocazione. § 3. Per l'alienazione di reliquie insigni, icone e immagini preziose delle Chiese orientali è competente sia la Congregazione delle Cause dei Santi che il patriarca con il consenso del Sinodo permanente. [3] § 4. Se le reliquie di un Beato o di un Santo dovessero essere portate in pellegrinaggio (ossia trasferiti temporaneamente) in altre diocesi o eparchie, il vescovo deve ottenere il consenso scritto di ciascun vescovo che le accoglierà e inviarne copia alla Congregazione, insieme all'istanza, di cui all'art. 3 § 1 della presente Istruzione.

219 PARTE II Fase diocesana o eparchiale delle possibili specifiche operazioni da svolgere Titolo I Atti iniziali Articolo 6 Ottenuto il consenso della Congregazione, concesso tramite l'apposito Rescritto, il vescovo può procedere attenendosi a questa Istruzione, evitando scrupolosamente ogni segno di culto indebito ad un Servo di Dio o Venerabile non ancora beatificato. Articolo 7 Il vescovo del territorio, dove si trovano le reliquie o i resti mortali, può agire personalmente o tramite un sacerdote suo delegato. Articolo 8 Il vescovo costituisca un T ribunale, nominando con decreto c oloro che svolgeranno le funzioni di delegato episcopale, promotore di giustizia e notaio. Articolo 9 Il vescovo o il delegato episcopale nomini un perito medico (anatomopatologo, medico legale o un a ltro medico speciali zzato) e, se neces sario, un ausi lia re del perito medico (tecnico autoptico), nonché altri incaricati ad effettuare i lavori tecnici. Articolo 10 Il vescovo o il delegato episcopale nomini, inoltre, almeno due fedeli (sacerdoti, consacrati/e, laici/laiche) con il compito di sottoscrivere gli atti in qualità di testimoni. Articolo 11 Il postulatore e il vice-postulatore della Causa possono assistere di diritto. Articolo 12 Tutti coloro che prendono parte alle operazioni devono previamente prestare giuramento o promettere di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d'ufficio. Titolo II Le specifiche operazioni Capitolo I Ricognizione canonica Articolo 13 § 1. In un giorno e in un'ora appositamente stabiliti, il vescovo o il delegato episcopale e tutti coloro, di cui agli artt. 8-11 della presente Istruzione, si rechino al luogo dove sono custoditi le reliquie o i resti mortali. § 2. Potranno assistere alla ricognizione anche quelle persone che il vescovo o il delegato episcopale riterrà opportuno. § 3. Si eviti in ogni modo di dare pubblicità all'avvenimento. Articolo 14 § 1. Prima dell'estrazione delle reliquie o dei resti mortali dal luogo in cui sono conservati, se c'è un documento autentico dell'ultima sepoltura, ricognizione canonica o traslazione, sia letto ad alta voce dal notaio, affinché si possa verificare se quanto scritto nel documento coincida con ciò che si constata al momento presente. § 2. Qualora non ci fosse un documento autentico oppure se l'urna o i sigilli a essa apposti apparissero infranti, si impieghi ogni diligenza possibile per avere la certezza che quelle siano

220 veramente le reliquie del Beato o del Santo o i resti mortali del Servo di Dio o del Venerabile, di cui si tratta. Articolo 15 Le reliquie o i resti mortali siano deposti sopra un tavolo, coperto da un drappo decoroso, affinché i periti anatomici possano ripulirli dalla polvere e da altre impurità. Articolo 16 § 1. Compiute queste operazioni, i periti anatomici ispezionino attentamente le reliquie del Beato o del Santo o i resti mortali del Servo di Dio o del Venerabile. § 2. Inol tre, identifichino ana liticamente tutte le parti del corpo, ne descrivano dettagliatamente lo stato e ne facciano oggetto di una Relazione da loro sottoscritta e allegata agli atti. Articolo 17 Qualora la ricogni zione canonic a evidenziasse la necessi tà o l'opportunità di tratta menti conservativi, ottenuto il consenso del vescovo, questi vengano eseguiti, applicando le tecniche più accreditate nei luoghi e nei modi che i periti anatomici o altri esperti stabiliranno. Articolo 18 Se la ricognizione canonica non può essere portata a termine in un'unica sessione, il luogo in cui essa si svolge sia chiuso a chiave e si adottino le necessarie cautele in modo da evitare qualsiasi furto o pericolo di profanazione. La chiave sarà custodita dal vescovo o dal delegato episcopale. Articolo 19 § 1. Compiuto quanto è necessario per provvedere alla conservazione delle reliquie o dei resti mortali e ricomposto il c orpo, si ri ponga eventualmente il tutt o in una nuova urna. § 2. Se le reliquie o i resti mortali vengono avvolti in nuovi indumenti, questi, per quanto possibile, siano della stessa foggia di quelli precedenti § 3. Il vescovo o il delegato episcopale abbia cura che nessuno sottragga alcunché dall'urna o vi introduca qualcosa. § 4. Se possibile, vengano religiosamente custoditi la vecchia urna e tutto ciò che è stato ritrovato in essa; altrimenti vengano distrutti. Articolo 20 Il verbale di tutto quanto è stato compiuto, venga riposto in un contenitore, munito del sigillo del vescovo, e sia inserito nell'urna. Capitolo II Prelievo di frammenti e confezione di reliquie Articolo 21 § 1. Qualora sia imminente la canonizzazione di un Beato o la beatificazione di un Venerabile Servo di Dio, o per altri motivi giustificati nell'istanza di cui all'art. 3 § 1 della presente Istruzione, nel contesto di una legittim a ricognizione canonica, si può procedere , su indicazioni del perito anatomico, a l prelievo di alcune piccole parti o di frammenti, già separati dal corpo. § 2. Tali frammenti vengano consegnati dal vescovo o dal delegato episcopale al postulatore o al vice-postulatore della Causa per la confezione delle reliquie. Articolo 22 Il vescovo, sentito il parere del postulatore della Causa, decida il luogo per la custodia dei frammenti prelevati. Articolo 23 § 1. Spetta al postulatore della Causa preparare e firmare il certificato di autenticità delle reliquie. § 2. In assenza della postulazione, spetta al vescovo diocesano, all'eparca o a colui ad esso

221 equiparato dal diritto, o a un loro delegato, preparare e firmare il certificato di autenticità delle reliquie. Articolo 24 Non è consentito lo smembramento del corpo, salvo che il vescovo non abbia ottenuto il consenso della Congregazione delle Cause dei Santi per la confezione di reliquie insigni. Articolo 25 Sono assolutamente proibiti il commercio (ossia lo scambio di una reliquia in natura o in denaro) e la vendita delle reliquie (ossia la cessione della proprietà di una reliquia dietro il corrispettivo di un prezzo), nonché la loro esposizione in luoghi profani o non autorizzati. [4] Capitolo III Traslazione dell'urna e alienazione delle reliquie Articolo 26 § 1. Se si tratta della traslazione dei resti mortali di un Servo di Dio o di un Venerabile entro i confini della medesima diocesi o eparchia, l'urna sia chiusa e legata con delle fasce fissate dal sigillo del vescovo e, senza alcuna solennità, sia collocata nel medesimo luogo o nel nuovo luogo di sepoltura, evitando ogni segno di culto indebito ai sensi dei Decreti di Urbano VIII sul non culto. [5] § 2. Qualora si tratti delle reliquie di un Beato o di un Santo, eventuali segni di culto pubblico sono permessi secondo le vigenti norme liturgiche. Articolo 27 § 1. Se le reliquie o i resti mortali saranno trasferiti a un'altra diocesi o eparchia in modo definitivo, dopo aver osservato la pre sc rizione riportat a nell'art. 2 § 1 della pre sente Istruzione, il vescovo della diocesi o de ll'eparchia dove s ono custoditi, nomini un f edele (sacerdote, consacrato/a o laico/a) per ricoprire l'incarico di custode-portitore. § 2. Il custode-portitore li accompagnerà fino alla loro destinazione definitiva presso il luogo stabilito dal vescovo della diocesi o dell'eparchia che accoglierà le reliquie o i resti mortali, regolandosi secondo l'art. 26 della presente Istruzione. Titolo III Atti finali Articolo 28 § 1. Il notaio registri tutte le operazioni effettuate in un apposito verbale, sottoscritto dal vescovo o delegato e pisc opale, dal promotore di giustizi a, dai pe riti anatomici e da due testimoni, di cui agli artt. 9-10 della presente Istruzione, nonché dal notaio, il quale autentica gli atti con la sua firma e il suo timbro. § 2. Nel verbale venga inserito il Rescritto del consenso della Congregazione delle Cause dei Santi. Articolo 29 § 1. Il verbale di tutte le operazioni effettuate, chiuso e sigillato con il timbro del vescovo o del delegato episcopale, sia custodito nella Curia diocesana o eparchiale e una copia di esso sia trasmessa alla Congregazione delle Cause dei Santi. § 2. Qualora vengano autorizzate fotografie o filmati delle operazioni compiute, questi siano allegati al verbale e vengano custoditi, insieme allo stesso, nella Curia diocesana o eparchiale. Articolo 30 Le immagini e le informazioni, ricavate dai trattamenti anatomici e da tutte le operazioni effettuate, non devono essere divulgate o rese pubbliche senza l'autorizzazione scritta del vescovo competente e quella dell'eventuale erede.

222 PARTE III Pellegrinaggio delle reliquie Articolo 31 § 1. Le reliquie di un Beato o di un Santo possono essere portate in pellegrinaggio in luoghi diversi entro i confini della medesima diocesi o eparchia. In tal caso, il vescovo competente incarichi un custode-portitore che accompagni le reliquie nei diversi luoghi. § 2. Per i pellegrinaggi fuori diocesi, ci si attenga agli artt. 5 § 4 e 32-38 della presente Istruzione. Articolo 32 § 1. Il ves covo compet ente può presiedere alle operazioni personalmente o tra mi te un sacerdote suo delegato, nominato ad hoc. § 2. Il vescovo o il delegato episcopale nomini un notaio e altri incaricati dei lavori tecnici. Articolo 33 Tutti coloro che prendono parte alle operazioni devono previamente prestare giuramento o promettere di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d'ufficio. Articolo 34 § 1. Osservato tutto ciò di cui all'art. 2 § 1 della presente Istruzione, e dopo aver ricevuto il Rescritto del consenso della Congregazione, il vescovo o il delegato episcopale, il notaio e gli incaricati dei lavori tecnici si rechino al luogo in cui sono custodi te le reliquie. § 2. Potranno assistere all'atto quelle persone che il vescovo o il delegato episcopale riterrà opportuno. Articolo 35 § 1. E stra tta l'urna, se c'è un documento autentico dell'ultima ricogniz ione canonica o dell'ultimo pellegrinaggio, sia letto ad alta voce dal notaio, affinché si possa verificare se quanto scritt o nel documento coincida con ciò che si constata al moment o presente. § 2. Q ualora non ci fosse un documento autentico della sepoltura, della precede nte ricognizione canonica o dell'ultimo pellegrinaggio, oppure se l'urna o i sigilli a essa apposti apparissero infranti, si impieghi ogni diligenza possibile per avere la certezza che quelle siano veramente le reliquie del Beato o del Santo, di cui si tratta. Articolo 36 Il vescovo o il delegato episcopale nomini un fedele (sacerdote, consacrato/a o laico/a) come custode-portitore, che accompagnerà le reliquie per tutto il percorso del pellegrinaggio. Articolo 37 Per quanto riguarda il culto di un Beato durante i l pellegrinaggi o delle reliquie , occorre attenersi alle prescrizioni vigenti: "In occasione del pellegrinaggio di reliquie insigni di un Beato [...], la possibi li tà di cele brazioni liturgiche in suo onore è concessa dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per le singole chiese in cui le reliquie sono esposte alla venerazione dei fedeli e per i giorni in cui esse vi sostano. La richiesta viene presentata da chi organizza il pellegrinaggio». [6] Articolo 38 § 1. Terminato il pellegrinaggio, le reliquie vengano riposte nel luogo originario. § 2. Il verbale di tutte le operazioni effettuate, steso dal notaio, chiuso e sigillato con il timbro del vescovo o del delegato episcopale, sia custodito nella Curia diocesana o eparchiale e una copia di esso sia trasmessa alla Congregazione delle Cause dei Santi. CONCLUSIONE La risoluzione di altre eventuali questioni è rimessa al giudizio e alla prudenza del vescovo e del delegato episcopale.

223 Dato a Roma, dall a Congregaz ione delle Ca use dei Santi, l'8 di cembre 2017, Festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Angelo Card. Amato, S.D.B. Prefetto + Marcello Bartolucci Arcivescovo tit. di Bevagna Segretario ___________________________ *Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, 16 dicembre 2017 [1] "I santi sono venerati nella Chiesa, secondo la tradizione, e le loro reliquie autentiche e le immagini sono tenute in onore": Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 111. [2] Cfr. AAS 99 (2007), 465-517. [3] Cfr. cann. 887 e 888 del CCEO. [4] Cfr. can. 1190 § 1 del CIC; can. 888 § 1 del CCEO. [5] Ad esempio sono proibiti: la sepoltura sotto un altare; le immagini del Servo di Dio o del Venerabile con raggi o aureola; la loro esposizione su altari; gli ex voto presso la tomba o presso le immagini del Servo di Dio o del Venerabile; ecc. [6] Cfr. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Notificazione circa la concessione di culto in occasione del pellegrinaggio di reliquie insigni di Beati, Prot. N. 717/15 del 27 gennaio 2016; Costituzione Apostolica Pastor bonus, art. 69.

224

225 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Conferenza Episcopale Italiana CONSIGLIO PERMANENTE 25-27 settembre 2017, Roma Prolusione del Card. Gualtiero Bassetti Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cari confratelli e - permettetemi - soprattutto cari amici, sono ormai molti anni, dal 1994, che partecipo ai lavori della Conferenza Episcopale Italiana. Vi sento amici: per la conoscenza lunga e profonda, la comunione vissuta in momenti di fraternità, la condivisione di responsabilità e la discussione franca dei problemi della Chiesa italiana e del mondo. Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine al Santo Padre per la fiducia e la premura che ha ripost o nella mia persona affidandomi questo incarico. Un pensiero particolare lo rivolgo, inoltre, al cardinale Angelo Ba gnasco, per due mandati presidente della CEI. Lo ringrazio di cuore, a nome di tutti, per il suo servizio, la fedeltà al Papa e alla Chiesa, e l'attenzione dedicata a ognuno di noi. Pensando al territorio di cui siamo espressione, sento il dovere di esprimere una parola di profonda riconoscenz a ai nostri parroci: sono costruttori di comunità, strumenti della tenerezza di Dio, presbiteri che si spendono e si ritrovano nella carità pastorale. Accanto a loro, mi è impossibile non accennare ai religiosi: uomini e donne che, nella varietà dei loro carismi, ci restituiscono il primato dell'amicizia con il Signore, la profezia della fraternità e la fecondità delle opere. Un ringraziamento doveroso, infine, in questa sede anche agli operatori della comunicazione, che ci consentono di arrivare nelle case della gente con una parola che vuol essere di sostegno e speranza. L'incarico che mi è stato affidato mi pesa sulle spalle, anche per l'età. Mi consolano le parole che mons. Enric o Bartoletti scrisse nel s uo Diario, l'11 agosto 1972, qua ndo gli fu comunicato il suo nuovo compito in CEI. Così scrisse: "In manus tuas, Domine! Signore, accetta il mio umile sacrificio e dammi la grazia di cercare solo te». Con gioia e commozione cerco di far mie queste parole con l'assoluta convinzione che senza l'aiuto di Dio non potrei far nulla. Sento una grande responsabilità che si addolcisce nella consapevolezza di servire la Chiesa italiana. Cari confratelli, è mia intenzione aprire il Consiglio permanente rivolgendo un pensiero a quelle persone che ora sono nella sofferenza e nel lutto. Vorrei testimoniare la più sincera vicinanza a tutte quelle donne che in Italia, pressoché quotidianamente, sono vittime di una violenza cieca e brutale. Un pensiero affettuoso va, anche, a tutte le popolazioni italiane ferite dal terremoto, da Ischia all'Italia c entrale; ai cittadini di Livorno, colpiti da una tragica alluvione; e al Messico dove un terribile terremoto ha tolto la vita a centinaia di persone.

226 1. UN CAMBIAMENTO D'EPOCA Parlando a Firenze al Convegno ecclesiale nazionale, Papa Francesco ha detto che "oggi non viviamo un'epoca di cambiamento quanto un cambiamento d'epoca». Questo è uno snodo decisivo: il punto di partenza per la riflessione e l'impegno. Quasi nulla è più come prima. Dobbiam o assumere la piena consapevolezza c he stiamo vivendo in un mondo profondamente cambiato, in un'Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale. In questa nuova realtà, sorgono nuove sfide e nuove domande a cui bisogna fornire, senza paura e con coraggio, delle risposte altrettanto nuove. Oggi viviamo in una società tecnologica e secolarizzata. Una società, afferma Papa Francesco, che corre un "grande rischio»: quello di essere caratterizzata da "una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Evangelii Gaudium 2). L 'uomo m oderno è troppo spes so un uomo spaesato, confuso e smarrito. Un uomo ferito non solo perché ha perso il "senso del peccato», ma perché "cerca salvezza dove si può». E così si aggrappa a tutto e a chiunque sia in grado di fornire un significato alla vita. Questa umanità ferita, inoltre, abita un mondo dove è ormai emersa una nuova questione sociale che investe la sfera economica e quella antropologica, la dimensione culturale e quella politica, i cui riflessi si fanno sentire profondamente anche in ambito religioso. Basti pensare all'introduzione della robotica nell'industria, alle applicazioni biomediche sul corpo umano, all'impatto ambientale delle grandi città, alle nuove forme di comunicazione e agli sviluppi dell'intelligenza artificiale. Questa nuova questi one sociale è caratte rizzata da almeno tre fattori: lo sviluppo pervasivo di un nuovo potere tecnico, come aveva intuito profeticamente Romano Guardini; la crisi dell'umano e dell'umanesimo che è il fondamento della nostra civiltà; una manipolazione sempre più profonda dell'oikos, della nostra casa comune, della Terra. In questo eccezionale "cambiamento d'epoca», da cinque anni, abbiamo la grazia di trovarci di fronte al messaggio profetico di Papa Francesco, che mette al centro di tutto il Vangelo di Gesù, ci esorta ad andare verso i poveri e ci invita a guardare questo nuovo mondo da un angolo visuale diverso, quello delle periferie. Il cuore pulsante di questo messaggio profetico è la conversione pastorale. Che è, al tempo stesso, un richiamo tradizionale e radicale: è "l'esercizio della maternità della Chiesa», di una Chiesa che è incarnata nella storia, che non si ritira ne lle astrattezze moralistiche o soli daristiche e che parla i linguaggi della contemporaneità in continuo movimento. Questo messaggio richiede una autentica ricezione di tutta la Chiesa: dei vescovi, dei preti, dei religiosi, delle suore, dei diaconi e dei laici. Qui si gioca la nostra responsabilità. Il Papa chiama ognuno a fare la sua parte. Sa che c'è bisogno di tutti. E chiede di liberarci dal clericalismo, perché ogni persona possa avere pie namente il suo s pazio in una Chiesa autenticamente sinodale. 2. QUELLO CHE CI STA A CUORE La Chiesa italiana, per portare la luce di Cristo in questo mondo nuovo, deve far affidamento su alcune preziose bussole di orientamento. Si tratta di priorità che coniugano una sapienza antica con l'attuale magistero pontificio: lo spirito missionario; la spiritualità dell'unità; e la cultura della carità. a. Lo spirito missionario Siamo chiamati, innanzitutto, a essere Chiesa al servizio di un'umanità ferita. Che significa, inequivocabilmente, essere Chiesa missionaria. E l a prima missione dei c ristiani consiste nell'annuncio del Vangelo nella sua stupenda, ra dicale e rivoluzionari a semplicità. Un annuncio gioioso, come ci ricorda l'Evangelii Gaudium, che punti all'es senziale, "al kerygma» perché "non c'è nul la di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio» (EG 165).

227 È la visione francescana di un Vangelo sine glossa, quel Vangelo che dobbiamo a ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla. È un annuncio d'amore per ogni uomo. Ricordando sempre, come ci ha insegnato don Primo Mazzolari, che "l'Amore non è colui che dà ma Colui che viene» e che può nascere in una stalla e morire sul Calvario "perché mi ama». Molto si fa nel le nostre Chi ese, ma ques to cammino va acce lerato. Crescono nuove generazioni, diverse dalle precedenti. Ha scritto il Santo Padre: "Affinché questo impulso missionario sia sempre più intens o, generoso e fecondo, e sorto anche ciascuna Chiesa particolare a entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma» (EG 30). È assolutamente necessario un deciso impegno per rivitalizzare le realtà che già esistono al nostro interno, ma che forse hanno sm arrito la t ensione e la capacità di animazi one sul territorio. Va nella linea di un rilancio della pastorale missionaria anche la prima edizione del Festival nazionale, che quest'anno si svolgerà a Brescia dal 12 al 15 ottobre. La missione, non solo è possibile, ma è il termometro del nostro essere Chiesa. Abbiamo percorso questa s trada con decisi one e libertà da noi s tessi e dal passato? Mi interrogo. L'obiettivo, per la Chiesa italiana, è semplice quanto decisivo: concretizzare "il sogno missionario di arrivare a tutti» (EG 31). Un sogno che ci scuote dalle abitudini e dalla pigrizia e ci appassiona. È il senso della nostra vita, come dice l'apostolo Paolo: "guai a me se non annuncio il Vangelo» (1 Cor 9,16). Che il "sogno missionario» diventi la nostra passione personale e quella del popolo di Dio. Così, nel cuore di questo "cambiamento d'epoca», la Chiesa italiana sta in mezzo al popolo con la s emplicità eloquente del Vangelo, senza altra pretes a che darne testimonianza . Il primato dell'annuncio del Vangelo fa tornare semplici. Talvolta fa archiviare progetti, non sbagliati ma secondari rispetto a tale primato. Il nostro orizzonte diventa più semplice, ma non meno impegnativo: prima il Vangelo! b. La spiritualità dell'unità Uno dei fatti più belli della Chiesa italiana è la multiformità, frutto di storia, radicamenti secolari, coraggiose intraprese, iniziative carismatiche, fedeltà costruttive. In questo tempo di particolariquotesdbs_dbs26.pdfusesText_32

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