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La scuola digitale: nuovi ambienti di apprendimento

Nov 7 2008 L'innovazione nel campo delle tecnologie didattiche e delle metodologie di erogazione on-line e in forma blended della didattica.



Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD)

l'obiettivo principale di modificare gli ambienti di apprendimento e promuovere l'innovazione digitale nella Scuola. COSA È STATO FATTO DAL 2008 AL 2012?



COMPETENZE DIGITALI E NUOVI AMBIENTI PER L

ti dell'apprendimento rinnovati (fisici e digitali a scuola e oltre)



ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE DON LORENZO MILANI

Dec 1 2021 Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD) ... 4.0: scuole innovative



ic palazzolo

Il PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale) emanato con Decreto Ministeriale n°851 del apprendimento nuovi



AMBIENTI DI APPRENDIMENTO TRA MONDO FISICO E MONDO

2.1 Ambienti (fisici e virtuali) e comunità di apprendimento . Nel mondo dei media digitali la lettura o lo studio lean forward tendono a trasformarsi ...



PIANO SCUOLA 4.0

ambienti digitali di apprendimento inte- grando l'esperienza didattica L'investimento 3.2 “Scuola 4.0 – Scuole innovative



ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE DON LORENZO MILANI

Nov 24 2021 Oggetto: Assunzione in bilancio PNSD Spazi e strumenti digitali per le STEM ... “Scuola 4.0: scuole innovative



PIANO PER LA FORMAZIONE DEI DOCENTI 2016-2019

4.3 Competenze digitali e nuovi personale della scuola - in coeren- ... zione di ambienti di apprendimento innovativi nella capacità di coinvolgere.



AMBIENTI DI APPRENDIMENTO TRA MONDO FISICO E MONDO

Robeo Castaldo

Mario Cifariello

Gino Roncaglia

AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

TRA MONDO FISICO

E MONDO DIGITALE

Introduzione

Questo non è un corso centrato sull'uso delle tecnologie, ma piu?osto sulla riflessione - sia metodologica, sia immedia- tamente operativa - legata ai cambiamenti in a?o non solo nelle forme di apprendimento e di insegnamento, ma anche nel loro contesto istituzionale, culturale e sociale. È una ri- flessione che speriamo possa essere occasione di approfon- dimento, di scope?a e di acquisizione di competenze con- cretamente utili, ma anche conce?ualmente ben fondate.

Questo corso approfondisce in pa?icolare:

nel primo modulo, il conceo di ambiente di appren- dimento, le differenze (e la necessaria integrazione) tra ambienti fisici e ambienti online, gli strumenti e le strategie per un buon design funzionale degli ambienti di apprendimento e per la migliore integrazione tra am- bienti fisici e ambienti online; nel secondo modulo, il tema delle comunità di appren- dimento, la gestione delle relazioni, delle a?ività dei di- versi ruoli all'interno delle comunità di apprendimento, il rappo?o tra comunità di apprendimento e comunità di pratica; nel terzo modulo, le diverse tipologie di piaaforme online disponibili per gestire e facilitare l'apprendimen- to, e le modalità per il loro uso in ambito scolastico; Il corso prevede, oltre agli incontri, anche materiali di lavoro, tra i quali la dispensa e suggerimenti per a?ività. Le dispense costituiscono un po' il filo condu?ore del corso, e contengo- no rimandi ai materiali multimediali (filmati, presentazioni, programmi e risorse online...) che vi suggeriamo di utilizzare.

Coordinamento editoriale: Maia Mela

Coordinamento redazionale: Dario Giovanni Alì, Sonia Raa

Redazione: Jennifer Santoro (duDAT Srl - Bologna)

Proge?o grafico e impaginazione: Daniela Cirillo (duDAT Srl - Bologna) Per segnalazioni o suggerimenti relativi ai presenti materiali mailto: suppo?o@rizzolieducation.it

L"Editore è presente su Internet agli indirizzi: http://www.mondadorieducation.it e http://www.rizzolieducation.it

Gruppo Mondadori

Copyright 2017 © Rizzoli Libri S.p.A.

Mondadori Education

Chiuso in redazione a o?obre 2017

INDICE

Cambiare spazi e strumenti per cambiare la dida?ica

1.1 Il conceo di ambiente di apprendimento ...................................................................................................................

1.2 Dagli ambienti fisici a quelli digitali e misti ...................................................................................................................

Comunità di apprendimento: fare e studiare social

2.1 Ambienti (fisici e viuali) e comunità di apprendimento ........................................................................

2.2 Dalle comunità di apprendimento ai social network ..................................................................................................................

.....................17

2.3 Vita da comunità online: ruoli, a?ività collaborative, social e privacy ........................................................................

.....................18

Pia?aforme diverse per scopi diversi

3.1 Tipologie e uso delle piaaforme online per la gestione dell"apprendimento .......................................................................28

1. 2. 3. 4 1.

CAMBIARE SPAZI E STRUMENTI

PER CAMBIARE LA DIDATTICA

1.1 Il conceo di ambiente di apprendimento

In questo percorso, al centro della nostra a?enzione sarà il conce?o di ambiente di appren- dimento. Un conce?o la cui impo?anza è davvero difficile so?ovalutare: anche i migliori do- centi, anche i migliori contenuti rischiano di produrre risultati minimi se il contesto in cui si svolgono le a?ività di apprendimento è incapace di garantire da un lato le infrastru?ure necessarie all'efficacia dell'azione formativa, dall'altro un ambiente funzionale, collaborativo e piacevole, in grado di aiutare la motivazione. Prima di approfondire la nozione di ambiente di apprendimento - che per ora abbiamo in- trodo?o facendo appello solo alla normale intuizione linguistica - vorrei raccontare un'espe- rienza personale che mi ha molto colpito. Era l'aprile 2015 e mi trovavo alla London Book Fair, la Fiera del libro di Londra, per pa?ecipare alla terza edizione di un incontro dal titolo signifi- cativo: What Works? Successful Education Policies, Resources and Technologies. Come suggeri- sce il titolo, obie?ivo dell'incontro era fare il punto sulle strategie educative che funzionano. Una delle tavole rotonde era dedicata al confronto tra le politiche formative di alcuni tra i Paesi che nei vari test internazionali (a pa?ire da quelli OCSE-PISA) risultavano di maggior successo: tra gli altri Singapore, Finlandia, Corea del Sud, Canada. Sappiamo bene che in molti casi gli indici di misurazione delle peormance formative, che si vorrebbero ogge?ivi e neutrali, non lo sono affa?o, e personalmente non sono affa?o un sostenitore dell'idea che un dato complesso e in pa?e sfuggente come quello di successo formativo, foemente dipendente anche da precondizioni che non riguardano solo il siste- ma formativo, si possa misurare in maniera affidabile a?raverso pochi indicatori e test uguali per tu?i. Ma non vi è dubbio che almeno alcuni tra i dati che emergono da queste analisi abbiano un loro significato e un loro valore, se non altro indicativo, e che - sopra?u?o se analizzati nella loro evoluzione diacronica - perme?ano di delineare un quadro, anche se parziale e sommario, dei risultati delle politiche formative ado?ate. Ora, sarebbe naturale aspe?arsi che a punteggi assai vicini (e assai alti) corrispondano po-

litiche formative e - più in generale - sistemi formativi abbastanza simili. Ma la realtà è ben

diversa: sistemi formativi come quello della Finlandia o quello di Singapore sembrano esse- re entrambi assai efficaci, ma sono tra loro diversissimi. In un caso prevale l'apprendimento personalizzato, nell'altro un apprendimento fo?emente standardizzato; in un caso vengo- no utilizzate risorse di apprendimento assai differenziate, nell'altro libri di testo comuni e 5 AMBIENTI DI APPRENDIMENTO TRA MONDO FISICO E MONDO DIGITALE sogge?i ad approvazione statale; gli stessi riferimenti ado?ati dai due sistemi in tema di teorie dell'apprendimento sono diversissimi. Chi fosse abituato a considerare l'apprendimen- to come dipendente unicamente da metodi e contenuti, resterebbe spiazzato: pur senza pensare che il successo formativo sia necessariamente legato solo a un singolo modello, differenze così fo?i suggeriscono evidentemente il rilievo anche di altri fa?ori. Ebbene, se si confrontano sistematicamente i sistemi formativi di maggior successo ci si accorge che solo un fa?ore è davvero comune: la maggior pa?e degli studenti dichiara di studiare volentieri. E il primo motivo di questo giudizio è legato stre?amente all'ambiente in cui si svolge l'apprendimento: le scuole sono percepite come belle, funzionali e ricche di servizi (dalla piscina alla palestra, dalla mensa alla biblioteca, dalle aule e spazi comuni - di norma anche all'ape?o - alle dotazioni informatiche e di rete). Inoltre, intorno ad ambienti

fisici belli, funzionali e ricchi di servizi si sviluppano più facilmente ambienti relazionali al-

tre?anto funzionali e soddisfacenti. Una bella scuola è insomma uno dei fa?ori essenziali del successo formativo; anzi: sembra essere il singolo fa?ore più stre?amente correlato al successo formativo, anche in sistemi scolastici assai diversi. Come vedremo, il conce?o di ambiente di apprendimento non include solo l'organizzazione fisica degli spazi (in effe?i, capiamo subito quanto sia stre?o il legame tra spazi e servizi): anche l'organizzazione fisica degli spazi è impo?ante. Le nostre scuole sono tradizionalmente organizzate intorno a uno spazio fisico di apprendi- mento spesso poco e male curato, per lo più centrato sull'aula di classe, in genere fo?emente standardizzata (e abbastanza triste) per quanto riguarda arredi e configurazione. Alle aule di classe si affiancano - se siamo fo?unati - due o tre spazi laboratoriali di tipo diverso (aula in- formatica, biblioteca...), una palestra e un'aula docenti. Una bella scuola, invece, prevede una pluralità assai più ampia di luoghi da vivere: le aule non sono necessariamente solo legate alle classi, sono comunque vivaci e funzionali, e lasciano a studenti e docenti ampia libe?à di movimento e di riconfigurazione degli spazi. 6

Guardate le due immagini qui sopra

1 : la prima delle due aule è moderna e luminosa, ma anonima e fo?emente costri?iva: non consente nessuna riconfigurazione, gli studenti sono rinchiusi nei banchi, le uniche a?ività suggerite da questo spazio sono la lezione frontale e lo studio lean forward (vedi box di approfondimento). Nel secondo esempio l'ambiente è più caldo, l'aula è facilmente riconfigurabile per a?ività diverse, ci sono spazi di movimento. La

seconda aula non è più lussuosa della prima (anzi, gli arredi costano di meno), ma è molto più

funzionale rispe?o a un ventaglio assai più ampio di a?ività. Le buone pratiche internazionali suggeriscono inoltre una organizzazione degli spazi che pre- veda molte alternative ai locali di classe, anche per spezzare più frequentemente la gabbia del gruppo-classe: spazi destinati a le?ura e a?ività lean back (in pa?icolare nella biblioteca

scolastica), spazi per lo studio in piccoli gruppi, spazi laboratoriali (non solo informatica o fisi-

ca ma anche, per fare solo qualche esempio, educazione sanitaria e alimentare, laboratori di scri?ura, laboratori fotografici, diba?iti e gruppi di le?ura...), spazi spo?ivi e ricreativi (anche

per a?ività musicali, teatrali, mostre ecc.), spazi di ristoro e mensa, spazi esterni nel verde...

In generale, nelle esperienze europee e internazionali più avanzate il conce?o stesso di aula di classe è sempre più spesso messo in discussione: da un lato le aule laboratoriali discipli- nari si rivelano assai più efficaci - anche per le discipline umanistiche - e perme?ono u na ristru?urazione collaborativa degli spazi (realizzazione di murales, personalizzazione degli

arredi e delle dotazioni in funzione della disciplina insegnata); dall'altro, come si è visto, spazi

più flessibili offrono maggiori occasioni per il superamento del gruppo classe e per la diffe- renziazione e l'arricchimento dello spe?ro di a?ività dida?iche e di apprendimento praticate. 1

Immagini tra?e da Flickr, con licenza che ne consente il riutilizzo anche commerciale: https://goo.gl/bvR4Au e https://goo.gl/sWRh5v.

7 AMBIENTI DI APPRENDIMENTO TRA MONDO FISICO E MONDO DIGITALE

APPROFONDIMENTO: Lean Forward e Lean back

Per capire come proge?are gli ambienti di apprendimento è utile interrogarsi sulle situazioni concrete di

fruizione dell'informazione (non necessariamente scri?a, ma anche sonora, visiva e multimediale). Pos-

siamo classificarle in qualche modo in base alle loro diverse cara?eristiche? Almeno a un primo livello,

la distinzione più utile e immediata è quella tra situazioni di fruizione a) lean forward, b) lean back, c)

secondaria e d) in mobilità 1

La fruizione lean forward è quella che si ha quando siamo protesi in avanti verso l'informazione, come

facciamo scrivendo, studiando un libro seduti alla scrivania (contemporaneamente so?olineiamo, pren-

diamo appunti...), oppure lavorando al computer. In genere è cara?erizzata da un uso a?ivo dell'infor-

mazione: non ci limitiamo ad assorbire informazione ma la elaboriamo e modifichiamo. Ci aspe?iamo

dunque contenuti informativi che si prestino a un lavoro di selezione e di elaborazione a?iva, in una

situazione di fruizione che assorbe completamente la nostra a?enzione. Una situazione di questo genere perme?e di lavorare bene con informazione fo?emente intera?iva (per

esempio ipe?estuale), come facciamo quando navighiamo in rete, e non è un caso che la modalità di

fruizione dei videogiochi sia anch'essa lean forward. Peino quando usiamo, magari seduti sul divano, un

videogioco collegato allo schermo del televisore, la nostra fruizione non è distesa e rilassata: a dispe?o

del divano, siamo protesi in avanti verso lo schermo, e pienamente a?ivi.

Nel mondo dei media digitali, la le?ura o lo studio lean forward tendono a trasformarsi in quella che Derrick

De Kerckhove ha ba?ezzato screura, unione di le?ura e scri?ura 2 . In maniera in pa?e analoga, George

Landow parla dei le?ori degli ipe?esti cara?erizzandoli come wreaders, insieme scri?ori e le?ori del testo

3

Proprio per il suo cara?ere fo?emente a?ivo, la le?ura lean forward richiede però soluzioni non costrit-

tive: un tavolo ape?o è molto più efficace di un banco chiuso, lo spazio necessario sul tavolo può variare

in funzione delle diverse a?ività, in alcuni casi (per esempio a?ività collaborative o disegno) può essere

addiri?ura preferibile stare in piedi anziché seduti.

La modalità lean back è invece cara?erizzata da una fruizione rilassata, appoggiati all'indietro (per

esempio, in poltrona), di una informazione che ci assorbe ma da cui possiamo lasciarci traspo?are senza

1

Un'utile discussione della differenza tra situazioni di fruizione lean forward e lean back è in Giulio Lughi, Cultura dei nuovi

media. Teorie, strumenti, immaginario, Guerini studio, Milano 2006, p. 168. La forma in cui utilizzo qui questa distinzione è quella

già proposta (con riferimento specifico alla le?ura) in Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione, Laterza, Roma-Bari 2010.

2

Cf. Derrick De Kerckhove, Biblioteche e nuovi linguaggi: come cambia la lettura, in Claudio Gamba e Maria Laula Traple?i (a cura di),

Le teche della lettura: leggere in biblioteca al tempo della rete, Editrice Bibliografica, Milano 2006, pp. 23-33.

3

George Landow (ed.), Hyper/Text/Theory, Johns Hopkins University Press, Baltimore 1994, p. 14. Curiosissimo e suggestivo

l'errore di stampa che troviamo in Maria Teresa Di Natale, Potere di Link. Scritture e letture dalla carta ai nuovi media, Bonanno,

Acireale 2009, p. 41, in cui il termine diventa "wreaters», aggiungendo alla connotazione della scri?ura e della le?ura quella

del mangiare il testo: un'idea che ricorda la le?ura per morceaux, frammenti di testo "strappati coi denti», risultato della

metodologia della decomposizione applicata da Derrida al linguaggio: Cf. George Landow, Hype?ext. The convergence of

contemporary critical theory and technology, Johns Hopkins University Press, Baltimore 1992; trad. it. Ipertesto. Il futuro della

scrittura, Baskerville, Bologna 1993, p. 11, con riferimento a J. Derrida, Glas, Denoël, Paris 1974, 19822. Alle edizioni successive di

questo testo di Landow avremo occasione di far riferimento in seguito. 8

la necessità di interventi a?ivi di elaborazione e manipolazione. È il modo in cui in genere leggiamo un ro-

manzo, o guardiamo un film o un documentario. La nostra a?enzione è anche in questo caso completa-

mente ca?urata da quel che vediamo o leggiamo, ma - finché essa resta viva - non ci è richiesto di agire

o interagire con l'informazione stessa se non a livello mentale. È solo quando l'a?enzione cala - magari

perché quel che stiamo guardando non ci piace o non ci interessa - che subentra un intervento a?ivo

per modificare il contenuto del flusso informativo (per esempio cambiamo canale, e nel farlo spesso, significativamente, ci protendiamo in avanti).

La fruizione lean back è quella tipica della televisione e del cinema, almeno quando stiamo guardando

qualcosa che ci interessa e che assorbe tu?a la nostra a?enzione. E le biblioteche hanno imparato da

tempo che occorre offrire ai propri utenti non solo sedie rigide davanti a un tavolo, ma poltrone comode

e in generale ambienti più morbidi. La creazione di ambienti morbidi e ada?i al lean back è riconosciuta

oggi come una delle priorità anche nell'ambito delle biblioteche scolastiche, ma sono pu?roppo ancora

pochi gli ambienti scolastici pensati tenendo conto di questa esigenza.

A volte, però, informazione che sarebbe destinata a una fruizione lean back viene invece assorbita in for-

ma di fruizione secondaria, o in background. In questo caso la nostra a?enzione non è completamente

assorbita dall'informazione che riceviamo, che rappresenta per noi una so?a di background informativo

verso il quale ci rivolgiamo solo a tra?i. Esempio tipico è quello, assai frequente, in cui la televisione o la

radio sono accese in una stanza in cui si chiacchiera o si stanno facendo anche altre cose. Un'informazione spesso programmaticamente pensata in funzione di situazioni di fruizione secondaria

è quella pubblicitaria, almeno quando il suo obie?ivo è - più che ca?urare totalmente l'a?enzione del

fruitore - quello di far passare un messaggio in forma quasi inconsapevole, per esempio a?raverso mec-

canismi di ripetizione (come accade nel caso di un jingle pubblicitario ben scelto). Anche la musica usata

come so?ofondo per altre a?ività configura una tipica situazione di fruizione secondaria. Non sfuggirà

qui il collegamento tra l'idea di fruizione secondaria dell'informazione e l'idea di formazione informale:

in molti casi, situazioni di formazione informale possono essere proge?ate dal formatore, quasi in forma

di trappole formative, e possono essere basate su un uso sapiente di informazione destinata a una fru-

izione secondaria.

Le situazioni di fruizione secondaria sembrano moltiplicarsi anche in relazione al diffondersi di quello che

potremmo chiamare multitasking informativo: lo studente ascolta una lezione conservando in un orec- chio l'auricolare del le?ore MP3 dal quale contemporaneamente ascolta musica; leggiamo il giornale

ascoltando la radio o la televisione... In questi casi, sempre più frequenti in un mondo in cui gli strumenti

di accesso e distribuzione dell'informazione si moltiplicano incessantemente, possiamo in genere di-

stinguere un canale informativo a fruizione primaria e un canale informativo a fruizione secondaria. Ma

i confini tra le due tipologie sono labili, e la nostra a?enzione può spostarsi con estrema facilità da una

fonte informativa all'altra, nel momento in cui in qualche messaggio proveniente dal canale in fruizione

secondaria supera la nostra soglia di a?enzione.

Infine, le situazioni di mobilità determinano una ulteriore tipologia di uso dell'informazione. Si potrebbe

essere tentati di considerare la fruizione in mobilità come un caso pa?icolare di fruizione secondaria,

9 AMBIENTI DI APPRENDIMENTO TRA MONDO FISICO E MONDO DIGITALE

ma va osservato che non necessariamente l'informazione ricevuta in mobilità viene fruita in maniera

secondaria: quando ascoltiamo il le?ore MP3 sull'autobus o nella metropolitana, quando leggiamo un libro in treno, e spesso persino quando telefoniamo camminando o ascoltiamo l'autoradio in macchina,

la nostra a?enzione cosciente è impegnata solo in minima pa?e dalle azioni richieste dalla situazione di

mobilità e può concentrarsi sul canale informativo, anche se normalmente lo fa per periodi di tempo più

brevi e più frequentemente interro?i.

È difficile sopravvalutare l'impo?anza di un'a?enta considerazione delle situazioni di fruizione e del tipo

di a?enzione impegnata 4 , nell'organizzazione tanto degli spazi quanto delle modalità dell'apprendimen-

to, e più in generale sui format e sulle modalità di organizzazione e distribuzione di informazione di ogni

genere: da quella ricreativa a quella giornalistica, da quella di lavoro alla comunicazione interpersonale.

Per esempio, gli interrogativi legati allo sviluppo del video in mobilità, nei suoi vari possibili format, sono

in gran pa?e legati proprio al tipo di a?enzione che un utente in mobilità può dedicare a contenuti vi-

deo, che impegnano dire?amente non solo l'udito ma anche la vista. Questa fruizione è sicuramente da

escludere nel caso per esempio della guida, ma potrebbe funzionare, per esempio, per un viaggio in treno

o in aereo, in cui il problema è spesso proprio quello di ammazzare il tempo (non a caso gli schienali delle

poltrone d'aereo hanno ormai quasi sempre un video incorporato). Ma quali format funzionano in questi

casi? Probabilmente format molto più brevi e modulari, compatibili comunque con una situazione non

o?imale dal punto di vista dei rumori, delle distrazioni esterne ecc.

Per chiudere questo approfondimento, è evidentemente necessaria qualche considerazione sul rappo?o

tra le modalità di fruizione dell'informazione appena considerate e l'organizzazione degli ambienti di

apprendimento: tanto nel proge?are ambienti fisici, quanto nel proge?are ambienti vi?uali e strumenti

online, occorre sempre interrogarsi anche su questo fa?ore. Per esempio: siamo sicuri che sedie e banchi

proge?ati unicamente per il lean forward siano sempre la scelta migliore per ogni tipo di a?ività di ap-

prendimento? Se vogliamo far vedere un film o un documentario, un'aula specifica con poltroncine po-

trebbe essere assai più ada?a, mentre - come si è de?o - una biblioteca scolastica, così come del resto

una biblioteca di pubblica le?ura, dovrebbe sempre prevedere spazi specifici per la le?ura lean back. E

anche in una palestra scolastica, non solo nei centri fitness, avere anche la possibilità di diffondere un po'

di musica (o magari di ascoltare un audiolibro) potrebbe rappresentare in molte situazioni un vantaggio.

4

Le categorie fin qui considerate sono per molti versi diverse dalla celebre distinzione proposta da McLuhan (Gli strumenti

del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1995, pp. 31-42) tra media caldi (come la radio o il cinema, che estendono un unico senso

fino a una alta definizione e dunque richiedono un minor lavoro di completamento a?ivo da pa?e del fruitore) e media fred-

di (come il telefono e la televisione, o almeno la televisione tecnicamente assai limitata degli anni '50 e '60, che offrono poco

e richiedono dunque un maggior lavoro di pa?ecipazione e completamento); una distinzione che tu?avia aveva anch'essa

a che fare con la considerazione del tipo di a?enzione richiesta all'utente. 10 Tu?o questo può sembrare, nella situazione concreta di molte scuole italiane, un libro dei sogni. Ma una riconfigurazione più funzionale e acca?ivante degli spazi, anche in presenza di fo?i vin-

coli, è molto spesso possibile, ed è tema che si presta benissimo ad a?ività di co-proge?azione

che coinvolgano gli studenti: diamo loro in mano una pianta della scuola e proviamo a chiedere loro suggerimenti sull'organizzazione degli spazi; in molti casi - accanto ce?o a soluzioni poco sensate o poco praticabili - verranno fuori anche idee interessanti e realizzabili.

1.2 Dagli ambienti fisici a quelli digitali e misti

Le considerazioni fa?e finora, si dirà, c'entrano assai poco con il digitale, che dovrebbe essere al centro dei nostri interessi in questa sede. Eppure, come vedremo, i collegamenti ci sono. Pa?iamo dal collegamento tra spazi e servizi, e pensiamo per esempio a un'aula informatica. L'aula informatica replica spesso, con poca fantasia, l'organizzazione di una tradizionale aula di classe: ca?edra del docente e di fronte, in file ordinate, computer tu?i uguali. È il modello della lezione frontale, riproposto pari pari anche nel caso delle nuove tecnologie. Ma questo se?ing funziona solo per alcuni scopi: va benissimo, per esempio, se dobbiamo somministrare test o prove, o se serve far lavorare gli studenti in ambienti soware identici e stre?amente controllati. Ma se il nostro scopo è per esempio quello di gestire la redazione di un sito web o di una rivista d'istituto, o far svolgere compiti che richiedono o suggerisco- no una maggiore libe?à nella scelta degli strumenti usati, quella stessa organizzazione de- gli ambienti e degli strumenti diventa poco funzionale o addiri?ura dannosa: molto meglio avere postazioni differenziate per funzioni e dotazioni (postazioni grafiche, postazioni per il montaggio audio-video, postazioni di scri?ura, postazioni con diversi sistemi operativi e di- versi ambienti soware per verificare i risultati del lavoro svolto, poltroncine per lavorare conquotesdbs_dbs28.pdfusesText_34
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