[PDF] Storia e Futuro ambiziosa: “Salute per tutti nell'





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Sommario Rassegna Stampa

May 2 2022 Mascherine e smart working



Roma Tre-press

A fenomeni lessicali di così varia portata e che si osservano oggi 'in Ho l'impressione che lo stesso stia avvenendo per lockdown in Italia.





DIREZIONE ARTISTICA RUGGERO CAPPUCCIO

L'edizione 2019 del Napoli Teatro Festival Italia – che si terrà dall'8 giugno al 14 luglio Ora la lingua italiana oggi mediamente in uso



Storia e Futuro

ambiziosa: “Salute per tutti nell'anno 2000”. Oggi invece sta crescendo una sensazione di inquietudine diffusa dopo il disastro delle Twin Towers a 



06.065 • n. 5 Avv. Notev. 2005

7 – A sera partecipiamo in Parrocchia alla veglia in onore dell'Immacolata Con- cezione. 10 – Oggi e domani c'è l'incontro qui in Curia di tutti i 



06.065 • n. 5 Avv. Notev. 2005

15 – Oggi e domani partecipiamo a Cristo Re all'Assemblea Generale della Pro- vincia Italia Centro-Sud un avvocato ed un ingegnere



TABLE DES MATIÈRES

En cotutelle internationale avec UNIVERSITE PER STRANIERI DI SIENA ITALIE figuratif



Sommario Rassegna Stampa

Nov 3 2019 TITOLI APPLE AI MASSIMI CON I SERVIZI STREAMING TV (A.Biondi). 97. 17. Italia Oggi. 02/11/2019. DA TRILUD NASCE DEVA PUBLISHER (G.Ferroni).

,1',&( 6

725,$(7(55,725,2Paesaggi culturali, analisi storico-

geografica e pianificazione

Alle origini della politica di tutela

ambientale in Italia. Luigi Rava ela nuova Pineta "storica" di Ravenna

Capitan America, il nuovo maestro

del dubbio.

Garibaldi oggi

I libri di Garibaldi

Luci e ombre

della cyber politica: i governi on-line, il partito telematico

La patocenosi

Malattie e paure tra passato

e futuro. Una conversazione con Giorgio Cosmacini.

La grande fabbrica di Duccio

Bigazzi. Due interventi.

Transport History. Methodological and

bibliographical notes

Il '48 e la questione ferroviaria nello

Stato pontificio. Saggio storico bibliografico.

Que rest-t-il de la Révolution Française ?

"Teaching

Europe". Firenze, 15-16 Giugno 2001.

Storici a confronto: l'insegnamento della

storia contemporanea nella scuola italiana.

La morte e l'immortale. La

morte laica da Garibaldi a Costa

Gli effetti della comunicazione

sul sistema politico e sulla società civile.

L'Italia del Novecento

Storia del territorio e paesaggi storici:

il caso della Toscana

Il caso del Museo della Città e del

Territorio di Monsummano Terme. Paesaggio, storia e museografia.

Organizzazione economica e

politica dell'agricoltura nel XX secolo. Cent'anni di storia del Consorzio Agrario di Siena (1901-2000)

Storia del Territorio e Storia

dell'Ambiente. La Toscana contemporanea. La religione nella società dell'incertezza. Per una convivenza solidale in una società multi religiosa

Vallombrosa, 11-13 Settembre 2000.

Un problema di autonomia disciplinare:

intellectual history. Conferenza annuale della International Society for Intellectual History" Cambridge,

26-29 luglio 2001

Il giornalismo in Lombardia. Milano, 3-

4 Ottobre 2001.

Carlo Cattaneo: i temi e le sfide

Le risposte alla grande crisi: Piani

quinquennali, Corporativismo, New Deal

Il passato della ricerca e il futuro degli

istituti storici tedeschi Malattie e paure tra passato e futuro a cura di Maria Luisa Betri inquietudine diffusa, dopo il disastro delle a Manhattan, di cui i media ci hanno vissuti come minacciosi segnali di una guerra batteriologica. e la sua successiva globalizzazione, in effetti, sono sopraggiunte a smentire quella previsione troppo ottimistica. Le malattie epidemico-contagiose e infettive sono tornate a declinarsi come ³malattie vecchie, sempre più nuove´: vecchie, perché sempre trasmissibili attraverso i canali della comunicazione tra individui biologici (da uomo a dicendo); e nuove, in quanto totalmente diverse, diversificate per legge biologica di del termine´ e che ³i retrovirus HIV [sembra] esistano da moltissimo tempo, dietro lo schermo delle altre malattie infettive, degli stati patologici sporadici, o persino collettivi, ma lontani nel tempo e nello spazio´, così come si può sostenere altrettanto a proposito ³della comparsa attuale delle encefaliti spongiformi, cioè delle affezioni dovute ai prioni´. molto simile allo , o malattia del trotto della pecora, nota fin dal XVIII secolo, e che il veterinario francese Besnoit nel 1899 intuì fosse infettiva, probabilmente trasmissibile. I primi provvedimenti contro la BSE, a livello comunitario, risalgono al nonostante gli scienziati avessero nel frattempo individuato il vettore del contagio nelle farine animali, ottenute in gran parte triturando carcasse di ovini, utilizzate come contaminata, ha trovato conferma nel 1996, quando si è verificato il primo decesso, provocato da una ³nuova variante´ della malattia di Creutzfeldt-Jakob, un processo un individuo in età relativamente giovane. Pierre-Marie Lledo, nel suo recente volume sostiene che la encefalopatia bovina contratta per ingestione di alimenti contaminati ³può essere considerata alla stregua di una gigantesca intossicazione alimentare che in compagnia delle malattie trasmissibili, che insorgono, spariscono e tornano a

per quanto possibile, di esorcizzare le proprie paure riducendole alla ragione. Oggi invece sembra vi

siano maggiori difficoltà nel disporsi a fronteggiare improvvisi e imprevisti pericoli ecologici e

biologici. nerastro della macchia cutanea e del sangue di coloro che ne sono colpiti, evocando il descrizione del ciclo completo del suo agente patogeno, il , le cui contatto diretto con animali infetti ± nel passato infatti la malattia era diffusa tra vaccari Fin dal 1881 Pasteur fu in grado di approntare un vaccino immunizzante efficace; e una forma cutanea, con una sorta di bubbone liquido cui subentra, dopo la sua rottura, sono clinicamente simili, rispettivamente, a una polmonite pestosa e a una peste fulminante. antiche paure di quelle morti collettive catastrofiche che nelle epoche passate erano provocate dalle drammatiche evenienze delle carestie, delle guerre e delle epidemie devastanti, come quelle pestilenziali. Il fattore della paura, amplificata dai media, riveste una malattia anacronistica come singolari´. Siamo dunque, oggi, vittime di un disegno doloso di diffusione della malattia o piuttosto, e soprattutto, di una psicosi collettiva, che si alimenta della paura del contagio connessa alle valenze della fisica, della chimica, della biologia: matrici di grande progresso, ma al tempo stesso potenziali, terrificanti fonti di insulto massiccio nei confronti delle popolazioni. Se è vero che oggi non viviamo in un clima di consolidate certezze e di ³magnifiche la lucidità della ragione ci induce ad accreditare le affermazioni di chi, con cognizione sarebbero necessarie complicatissime e prolungate manipolazioni microbiologiche, e che una ³bomba batteriologica´, caricata da bacilli carbonchiosi, è destinata a restare inesplosa.

La grande fabbrica di Duccio Bigazzi.

Due interventi

Giorgio Bigatti (a cura

di)

1 Introduzione

A due anni dalla prematura scomparsa di Duccio Bigazzi, ci è parso un buon modo per ricordarlo avviare una discussione, che ci si augura quanto più larga possibile, sul suo lavoro di storico. Non una rievocazione né un semplice omaggio, quindi, ma un dibattito vero, che partendo da ciò che Bigazzi ci ha lasciato chiamasse a confrontarsi con la sua opera quanti gli furono vicini ma anche i molti che, pur senza averlo recente pubblicazione per i tipi della Feltrinelli di La grande fabbrica. Organizza- zione industriale e modello americano alla Fiat dal Lingotto a Mirafiori. Il volume, introdotto da uno scritto di Giuseppe Berta e Giandomenico Pilu- so, raccoglie tre saggi di grande spessore che riflettono alcuni dei temi che furono cari a Bigazzi, studiati con storico. Il lavoro e la fabbrica sono stati, infatti, al centro della sua riflessione fin dai primi studi sulla ³fierezza del mestiere´ degli operai meccanici nella Milano di fine Ottocento. Un interesse storiografico sfociato, alcuni anni più tardi, nel volume sul Portello viene unanimemente considerata uno dei frutti migliori della business history italiana. evitare le secche di una pedante erudizione, in quel volume Bigazzi non si è limitato a delineare la storia di una impresa circondata da un alone di leggenda. Incrociando fonti di diversa natura, tra cui la foto- grafia che fu un suo non secondario interesse, Bigazzi componenti, dei suoi dilemmi organizzativi, della sua classe opera- ia. Una vicenda meccanica nei turbolenti decenni di primo novecento. Precedentemente apparsi in due volumi di non facile reperibilità e op- portunamente riproposti, i saggi sul Lingotto e Mirafiori raccolti La grande fabbrica rappresentano cinquanta da bassi redditi e bassi consumi. Scrivono Berta e Piluso a questo proposito: ³Sulla scorta di un intreccio documentario ricchissimo, la storia degli stabilimenti della razionalizzazione dei processi produttivi, evidenziando i momenti al- terni di cooperazione e conflitto tra i responsabili della progettazione e i protagonisti della produzione. Le grandi fabbriche torinesi sono indagate come organismi pluridimensionali, in cui le culture dei tecnici e degli in- gegneri, del management e Lingotto e di Mirafiori sono restituite attraverso un intreccio fittissimo di dati e fatti così da mostrare con efficacia una storia non necessitata, non predeterminata´. Proprio questa attenzione per i dati e i fatti ci sembra una lezione da non dimenticare. le fonti, scritte e orali, documen- tarie e iconografiche, in un fecondo intreccio. carattere biblio- grafico e soprattutto nella dieci annate di ³Archivi e imprese´ (ora

³Imprese e storia´).

Ci pare che molti dei temi studiati da Bigazzi (il lavoro, la cultura del fare, il ruolo ecc.) conservino, e anzi in taluni casi è auspicabile che ritrovino, interesse e attualità per un mestiere che sembra aver smar- rito antiche certezze e punti di ancoraggio, sempre più soggetto a mode e altrettanto rapido a spostare i propri interessi. Anche per questo ci è sem- brato doveroso, Agli interventi di Ferdinando Fasce e Stefano Musso speriamo possano seguirne altri. Chi fosse interessato può scrivere a gbigatti@liuc.it

2 Intervento di Stefano Musso, Università di Torino

Il volume postumo di Duccio Bigazzi raccoglie tre saggi che sono particolarmente significativi di un percorso culturale e scientifico di cui egli è stato uno dei più brillanti e infaticabili esponenti. Questo percorso ha acco- munato, seppur nelle differenti sensibilità individuali, un nutrito gruppo di studiosi della generazione che si è affacciata agli studi negli anni settanta, praticando una storia sociale del mondo operaio incentrata Nel lavoro storico di Bigazzi si incrociano infatti la storia del lavoro, del movimento mosaico che non sarebbe completo in assenza di una delle tessere. Il mosaico, vale a dire distinzioni di classe, i conflitti e le modalità della mediazione, le dinamiche sociali e costituiscono il motore principale del mutamento sociale in età contemporanea. Il primo dei tre saggi qui raccolti, quello sulle strutture produttive alla Fiat Lingotto (originariamente pubblicato nel 1994) è frutto della rielabo- razione, alla luce di nuove fonti archivistiche, di una ricerca già conclusa alla fine degli anni settanta (Gli operai della catena di montaggio. La FIAT.

1922-1943, in La classe operaia durante il fascismo, ³Annali´ della Fon- dazione

Giangiacomo Feltrinelli, a. XX, 1979-80); la ricerca sugli operai del Lingotto aveva fatto seguito a un primo lavoro di Bigazzi, incentrato su- gli operai di mestiere organizzazione di classe: gli operai meccanici milanesi, 1880-1900, in ³Società e storia´, a. I, 1978, n. 1). Nel solco tipico degli studi condotti in quegli anni da chi si avvicinava alla storia del configurazioni della classe operaia, della cultura, del- la coscienza, delle forme di organizzazione sindacale, dei comportamenti politici. Il primo saggio studiava gli operai di mestiere di fine Ottocento, la cui coscienza di classe aveva radici tecnologie e delle soluzioni organizzative mutuate dal taylorismo e dal fordismo. Nella nuova storiografia di ispirazione variamente operaista degli anni settanta lotte di quel decennio, che si muovevano contro il lavoro monotono e ripetitivo del operaia, visti nelle lo- ro componenti di autonomia e spontaneità, venivano indagati a capitalistica, si verificavano le condizioni per la formazione della coscienza di classe e per lo sviluppo della lotta di classe. Lo studio della ³composizio- ne di classe´ come si usava dire allora, ricostruiva le condizioni di lavoro in particolari settori industriali, le mansioni e i livelli di professionalità richie- sti. La tendenza dominante era quella di sottolineare, sulle orme di Harry Braverman (Lavoro e capitale monopolistico. La degradazione del lavoro nel XX secolo, un lavoro del 1974 tradotto in Italia nel 1978), i processi di dequalificazione del lavoro nella descrizione delle modalità dello sfrut- tamento capitalistico e, di riflesso, di enfatizzare la questione del controllo operaio sulla vita sulla fabbrica e su una visione schematica e semplificata dei rapporti di lavoro, avrebbe presto mostrato i suoi limiti. Il lento affermarsi di nuovi studi ispirati alla storia sociale lavoro avrebbe spinto alcuni studiosi ± per reazione, nel nuovo clima de- gli anni ottanta mondo operaio, la dimensione della fabbrica e dei comportamenti collettivi. composizione per sesso ed età della manodopera, dei livelli di professionalità, delle qualifiche, dei ventagli sa- lariali e dei sistemi retributivi è indispensabile per negoziale e dei risultati della contrattazione collettiva. Del resto, fin dal saggio sugli minuziosità della ricostruzione delle tecnologie, delle mansioni, dei sistemi di cottimo, consentivano al lavoro di Bigazzi di allontanarsi dagli schematismi e dai riduzionismi nella determinazione dei processi di mutamento tecnologico e organizzativo, e alla con lui una parte della sua generazione, ha scoperto il soggetto antagonista degli operai, gli imprenditori. Infatti, se lo studio della for- mazione e della composizione del proletariato richiedeva la ricostruzione della storia dei settori industriali, lo studio delle strategie di ammoderna- mento tecnologico e delle politiche di gestione del personale nati come storici del movimento operaio e del mondo del lavoro, tra i quali, oltre a Bigazzi, si possono ricordare Franco Amatori, Giuseppe Berta, Paride Rugafiori, Giulio Sapelli, Renato Covino, Giampiero Gallo, Luciano Segreto, Michele Lungonelli, proprio da Bigazzi: La storia dimpresa in Italia. Saggio bibliografico 1980-1987, Milano 1980). Il loro approccio considera le imprese come centri decisionali e spazi di re- lazioni sociali che costituiscono un punto nodale nel quale si intrecciano il progresso e manageriali, i comportamenti operai e i conflitti sociali. La labour history viene saldata alla business history, in una sinte- si che Romeo (Il Portello. Operai, tecnici e imprenditori al- lAlfa Romeo 1906-1926), in cui di Alfred D. Chandler (Stra- tegia e struttura: storia della grande impresa americana,

1962; e La mano visibile: la rivoluzione manageriale nelleconomia americana, 1977),

in- centrata sulle determinanti tecnologiche, organizzative e di mercato, esten- dendo management (nella stessa direzione di la- voro si muove il recente contributo di Giuseppe Berta, Conflitto industriale e struttura dimpresa alla Fiat 1919-1979, Bologna

1998).

Il rapporto tra storia sociale del mondo operaio e storia delle strategie imprenditoriali è al centro del terzo dei saggi qui ripubblicati, La fabbrica nella crisi del risposta ai problemi della produzio- ne bellica e agli sconquassi provocati dai bombardamenti, fino a investire temi ³culturalisti´ relativi alla nuova centralità della ruolo delle agitazioni operaie nella caduta del regime fascista Il secondo saggio qui raccolto, quello sulla Fiat Mifariori (Mirafiori e il modello matura del taylorismo e del fordismo. Qui Bigazzi ha saputo delineare magistralmente ± grazie alla grande capacità di interrogare la documentazione disponibile, di mettere ordine e ricavare senso da una mole sterminata di particolari e materiali sparsi ± le adottate dai principali produttori di automobili nel momento in cui la Fiat coglieva production di vetture utilitarie. La ricostruzio- ne minuziosa della portata reale soluzioni rapportate alle tradizioni produttive e ai vincoli di mercato) riporta a una dimensione concreta il processo di razionalizzazione, superan- do le visioni schematiche, attraverso un puntuale confronto con la tecnica e la composizione professionale della emergevano dalle diverse ³letture´ delle tecnologie americane da parte dei tecnici e manager Fiat, e dal confronto tra le posizioni differenziate che ne derivavano. Si può così determinismo delle leggi e delle strutture economiche. scientifica di Bigazzi, ben esemplificata da questa raccolta, era debi- trice della passione con cui perseguiva la ricostruzione puntuale di ogni ma- teriale documentario, il lavoro di Bigazzi storico e il suo im- pegno come organizzatore culturale, indirizzato era grande conoscitore e sui quali ha insegnato a lavorare a una nuova generazione di giovani storici.

3 Intervento di Ferdinando Fasce, Università di Bologna

³Ma è tempo anche per noi di uscire dalle rappresentazioni e dalle costru- zioni simboliche, ritornando alla prosaica realtà delle tecnologie e dei pro- cessi lavorativi´ (p.

34). In questa frase del libro mi pare si riassuma un elemento essenziale

di indagine e la convinzio- ne che solo una pervicace cura dei particolari, anche e soprattutto quelli in apparenza minori, garantisca un alto risultato storiografico. Qui letteratura tecnica ed economica primaria in varie lingue, sulla pub- blicistica operaia In particolare nel passo citato ci sta introducendo nel Lingotto con gli occhi del cronista della ³Stampa´ al seguito del re Vittorio Emanuele III, in visi- ta ufficiale in occasione 1923.
Lavorando con acume sulla crisi ³mistica´ che coglie il cronista nel suo ³fantastico

viaggio´ fra le ³navate´ della fabbrica, dove ³ignoto´ e ³miste- ro´, aggiunge il cronista,

attendono gli operai, Bigazzi vi inanella la testi- monianza di Luigi Barzini (³lente processioni di automobili che ...hanno qualcosa di solenne e di misterioso in questa vastità da cattedrali´) e di altri osservatori per consegnarci un paio di pagine bellissime fa anche attraverso il diario inedito di Ugo Ojetti, trovatosi, per avventura, a occupare Lingotto voci disparate e autorevoli di non tecnici, inclusi Marinetti e Gobetti, perentoriamente lo studioso ritorna a quella vo- cazione per i fatti dalla testa dura che ne anche uno dei pochissimi storici della tecnologia in età contemporanea. Questo è del contributo dello storico milanese. Dai lavori sul Lingotto e su Mirafiori contenuti nel volume esce dunque confermata una sensibilità, rara da noi, per una storia della tecnologia come fenomeno complesso, questi due saggi, alle pagine 66-68 e 136-140, due lunghi brani che possono sembrare in apparenza altrettanti aridi cataloghi di macchinari. Nelle mani di Bigaz- zi, però, essi diventano la base indispensabile per capire i piani strategici e produttivi sottesi alla costruzione degli stabilimenti, le specifiche scelte tecniche e manageriali aziendali, la natura contraddittoria e processuale del travagliato passaggio dalla progettazione, incertezze) di uno stabili- mento. Nelle note al testo, affollate di riferimenti alle fonti e a tutta la più of the History of Technology (SHOT); discussioni che peraltro Bigazzi ben conosceva e di mercato, si sente vibrare nelle pagine di Bigazzi. Ad esempio, là dove, a proposito esemplato sulla Ford multipiano di Highland Park, debba poi fare i conti con i vincoli e le sollecitazioni mutevoli di mercato, con una ancora ridotta consapevolezza, da parte dei tecnici e manager Fiat, della complessità del modello incentrato sistematicamente sulla catena. E anco- ra, debba fare i conti, con la scoperta, che è frutto di una dura esperienza, che il fordismo ha, per così dire, un ³cuore´ tayloriano, chiama in causa problemi di coordinamento e tecniche di organizzazione e misurazione del lavoro dai quali non si può prescindere: nodi che fra gli anni venti e trenta verranno affrontati Del resto, così come sottolinea il fatto che ³gli anni del Bedaux coinci- devano con un generale peggioramento della condizione operaia alla Fiat´ (p. 60), Bigazzi neppure manca di evidenziare le ambivalenze e le difficoltà di elaborazione politica, rispetto mito tecnologico fordiano (che negli USA, non dimentichiamolo, affascinò addirittura il ribelle per anto- nomasia John Reed, strappandogli più di un giudizio positivo, fra un ripulsa per ³ogni tentativo (nostrano) di applicazione di tecniche e me- todi estremamemente articolato, nel quale convivono, e vanno perciò esaminati nelle loro specificità e nella loro interazione, componenti mecca- niche, di capitale fisso e aspetti tecnico-organizzativi, sia prisma attraverso il quale interrogare rapporti sociali e di classe in una forma non riduttiva o distorcente come le geremiadi sul ³degrado del lavoro´. Non meno illuminante si fa il discorso quando il quadrante si sposta su Mirafiori, tentativo di realizzare un ³eventuale stabilimento Lingotto in piano´ (p. 91). Esso è guerra, per approdare alla Ri- costruzione, e poi in seguito sino al pieno ³miracolo macchina pro- duttiva´ entro ³una visione organizzativa fondata tradizionalmente su una rigida gerarchia´ (p. 182) nella seconda metà degli anni sessanta. Quando, cioè, si venne a creare una ³situazione´ insostenibile ³testimoniata dal con- flitto sociale esploso a partire dal 1969 e proseguito per oltre un decennio´ (p. 183). In questo saggio si ovvero la capacità di fare analisi comparata su un tema relazionale per eccellenza, ma quale i trasferimenti di tecnologia. Se è vero infatti che la storia del Lingotto è sempre Renault, alla Citroen e alla Volskwagen, non è meno vero che nel caso di Mirafioriquotesdbs_dbs25.pdfusesText_31
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